«Negli ultimi decenni lo sviluppo delle terapie antiretrovirali ha aumentato considerevolmente la sopravvivenza di chi convive con l'infezione da Hiv, e oggi molti soggetti sieropositivi hanno un'aspettativa di vita paragonabile a quella del resto della popolazione», spiega il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo. In pratica, oggi con l'Hiv si può vivere, e a lungo: ma più si va avanti con gli anni, più aumenta il rischio di soffrire di un'insufficienza d'organo, e a quel punto l'unica via d'uscita è il trapianto. Una soluzione per la quale in passato l'infezione da Hiv era considerata una controindicazione assoluta. Ma ora non è più così, e non solo i pazienti sieropositivi accedono al trapianto ma, da poco più di due anni, possono addirittura donare i loro organi dopo la morte.
Dal 2017 è attivo un programma sperimentale che permette il trapianto tra donatori e riceventi con Hiv.
Sono 7 i centri trapianto finora coinvolti: Varese, Milano Niguarda, Modena, Genova, Ancona, Roma San Camillo e Palermo Ismett. Attualmente l'Italia è l'unico paese dell'Unione europea ad aver avviato formalmente un programma di donazione da persone sieropositive decedute.
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