«Funziona, ma ci sono rischi come epatite e choc anafilattici. E non si può usare a casa». Il plasma iperimmune come terapia di cura al coronavirus è ormai sulla bocca di tutti. Scienziati, politici, media. È divenuto anche argomento per i complottisti, convinti che non se ne parli perché non convenga alle case farmaceutiche. A questo treno ieri si è unito anche Matteo Salvini. La verità è che è in corso, presso il Policlino San Matteo di Pavia (da dove è partita) e al Carlo Poma di Mantova una sperimentazione, un trial, che tra pochi giorni dovrebbe fornire i primi risultati. E i progressi sono incoraggianti. Molti esperti però pongono dei limiti a questa cura. Ieri su La7 durante la trasmissione diMartedì ne ha parlato Ilaria Capua, direttrice dell’One Health Center University of Florida.
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«La somministrazione di plasma è una pratica vecchissima, è stata una delle prime pratiche per combattere le malattie infettive - ha dichiarato la virologa -. Ancora oggi il veleno della vipera viene bloccato da un siero, la rabbia quando una persona è esposta al contagio si fa sia la sieroterapia che il vaccino. Però presenta dei rischi, non si usa molto».
Sulle sperimentazioni del vaccino la Capua frena: «Non sarà il vaccino che ci porterà fuori nell'immediato - ha spiegato - per fare vaccini sicuri ci vuole tempo e ci vuole attenzione».
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