Rifiuti, cosa ci vorrebbe per una vera raccolta “porta a porta”

Rifiuti, cosa ci vorrebbe per una vera raccolta “porta a porta”
di Pietro Piovani
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Lunedì 6 Agosto 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 10:23
Nel divertente romanzo giallo “Cuore di passero ha la morte – La strana inchiesta del commissario Clodoveo” (in vendita su Amazon) la giornalista e scrittrice esordiente Cristina Stillitano si cimenta fra l’altro in una ricostruzione dettagliata della vita nella Roma degli anni Cinquanta. Tra lambrette, partite a carte in osteria e gatti al forno spacciati per conigli, viene rievocata anche la figura del “monnezzaro”, cioè l’uomo che per ritirare la spazzatura si presentava con il sacco di iuta in tutti i pianerottoli di tutti i palazzi della città.

I meno giovani se la ricordano bene quella raccolta “porta a porta” in senso letterale, che solo verso la fine degli anni Settanta fu sostituita dal sistema dei cassonetti in strada, tra le lamentele tutto sommato contenute dei cittadini (oggi la folla inferocita assalterebbe il Campidoglio). Viene da chiedersi come una comunità tanto più povera di quella contemporanea potesse permettersi un servizio così capillare e costoso. Probabilmente all’epoca il numero degli operatori ecologici in rapporto alla popolazione era più alto, anche perché i loro stipendi erano verosimilmente più bassi.

C’è poi da dire che, nella miseria dell’Italia post-bellica, le famiglie producevano molti meno rifiuti di oggi. Un monnezzaro dell’anno 2018 riempirebbe un sacco di iuta per ogni singolo appartamento. Il benessere è una bellissima cosa, ma ha le sue controindicazioni.

(Foto dal sito Roma Sparita)

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