Perdersi e ritrovarsi al Verano di Roma

di Davide Desario
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Martedì 11 Marzo 2014, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 09:49
Finisce sempre cos. Con la morte. Prima, per, c' stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla



@fcancellato



Al cimitero ci si va per andare a trovare qualcuno a cui si voleva bene. E ogni volta si è concentrati sul proprio caro e non si pensa ad altro. Al cimitero, invece, ho scoperto che bisognerebbe andarci anche senza un amico, un parente, un amato da pregare.



Prendi il Verano. L’ora di pranzo di un giorno qualunque. Entri e cammini tra quei viali sterminati. Guardi le foto di chi non c’è più. Hanno tutti vissuto a Roma e a modo loro, tra pregi e difetti, hanno fatto qualcosa per questa città.



Ci sono gli architetti che hanno disegnato chissà quanti palazzi. Ci sono i manovali che hanno sistemato marciapiedi e asfaltato strade. Ci sono gli ingegneri che hanno ideato ferrovie, snodi stradali, ponti e sottopassi. E poi maestre e professori. Nobili e stracciaroli. Medici che avranno salvato la vita a tantissimi romani. Artisti come Gassman e Rino Gaetano che questa città l’hanno raccontata.



Sali delle scale. Quasi ti perdi in quel dedalo di viuzze. Ti fermi davanti a una tomba abbandonata con la lapide spezzata e ricoperta di erbacce. Nella foto c’è un bambino morto a otto anni. E allora la pulisci come se fosse tuo figlio. Ti emozioni. Ti stordisci. Il tempo passa e non te ne accorgi. Ti ritrovi nella parte israelitica, tra i Sonnino, i Pavoncello, i Terracina e i Di Segni, tutti molto più romani di tanti romani.



Esci. Pensi che eri entrato senza conoscere nessuno e che invece quegli sconosciuti ti hanno aiutato a trovare te stesso. Più romano. Più vivo. Più forte.



davide.desario@ilmessaggero.it