Ma come facevamo a vivere senza l'aria condizionata?

di Pietro Piovani
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Mercoledì 8 Luglio 2015, 23:17 - Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 13:46
Ok, sto per uscire di casa, andare in macchina, accendere l'aria condizionata e passarci un paio di ore. Non sto scherzando.

Marco Esposito

L’aria condizionata è un’invenzione che ha cambiato il mondo. Ci consente di viaggiare a bordo di aerei pressurizzati, di ridurre il rischio di infarto per i cardiopatici, di aumentare la produttività sul lavoro. Per non parlare dei benefici morali che gli esseri umani traggono dal poter vivere in ambienti freschi e deumidificati: diverse ricerche evidenziano che l’innalzamento delle temperature incrementa la litigiosità e il tasso di criminalità.



Come tutte le cose piacevoli, però, l'aria condizionata crea dipendenza. Ci siamo talmente abituati a espellere il calore dai nostri ambienti che ormai ci sembra impossibile frequentare un ufficio o un cinema senza condizionatore, e chi non può permettersi di installarne uno in casa propria si sente un fallito. Lunedì scorso i dipendenti del Tribunale di Roma hanno inscenato una manifestazione per protestare contro la rottura del sistema di condizionamento, mentre gli autisti dell’Atac includono la climatizzazione dei bus fra le richieste avanzate nella loro vertenza sindacale. Il fresco è diventato un diritto.



Eppure non molto tempo fa, diciamo fino agli anni 80, sapevamo convivere con l’afa. All’epoca l’aria condizionata nelle automobili era un optional per pochi benestanti: le persone normali viaggiavano con i finestrini abbassati, aprendo anche quel triangolo di vetro girevole oggi scomparso dalle autovetture che si chiamava “deflettore” (se ne studiava l'angolazione più efficace per consentire al vento di irrompere nell'abitacolo). Negli uffici il termostato era una rarità, nelle case era visto come un lusso principesco se non una stravaganza da sceicco arabo. Sembra incredibile ma si campava lo stesso, sudati, ma si campava. La sera si restava fuori fino a tardi, si sceglievano i ristoranti con i tavoli all’aperto, nelle notti più torride qualcuno dormiva in terrazzo. Si soffriva, però ci si lamentava di meno. E c'è ancora chi è convinto che un tempo vivevamo meglio.



pietro.piovani@ilmessaggero.it