Giustizia al pastore che vide morire 80 pecore sgozzate dei cani di un cacciatore

Le pecore sono allevate in modo esteso nelle campagne di San Cesareo alle porte di Roma
di Karen Leonardi
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Giovedì 3 Febbraio 2022, 10:57 - Ultimo aggiornamento: 11:20

Per la strage delle pecore che scosse San Cesareo giustizia è fatta. Si è conclusa dopo 8 anni la vicenda giudiziaria della “mattanza” del gregge avvenuta in località Pallavicina, nelle campagne a sud di Roma limitrofe al casello della autostrada A1, dove ottanta ovini morirono in seguito all’aggressione di un branco di cani da caccia, lasciati incustoditi e entrati di notte in un’area destinata al pascolo. Fu un disastro che impressionò la zona: alcune pecore furono azzannate e uccise, le altre “impazzirono per la paura”, si calpestarono e altre ancora finirono in un burrone. Il pastore, sposato, con un figlio, che tra nella notte tra il 1° e il 2 dicembre 2014 subì l’ingentissima perdita - un danno enorme all’attività faticosamente avviata qualche anno prima, cancellata da un momento all’altro con il decesso degli animali - verrà risarcito con 33 mila euro grazie a una sentenza del Tribunale di Tivoli.
«In una notte - racconta Michele Salis, 38 anni, all’indomani della fine del processo - vidi svanire i sacrifici di una vita. Il giorno dopo non avevo più nulla. Oggi finalmente la giustizia ha fatto il suo corso: questo risarcimento, per me, ha anche un grande valore morale, dopo quel giorno ho cercato aiuto nella mia famiglia per andare avanti».

Ad accogliere la richiesta di risarcimento è stato Francesco Maria Ciaralli, giudice ordinario del Tribunale civile di Tivoli, che ha ritenuto responsabile di omessa custodia dei tre cani il 37 enne P. G. C., cacciatore, obbligando la relativa compagnia assicurativa al pagamento della somma. «La sentenza - commenta l’avvocato Lucio Perugini, legale del pastore - ha riconosciuto il sacrosanto indennizzo per il pastore che dopo quella notte ha visto crollare la sua unica fonte di reddito. Il convenuto, cioè il padrone dei cani, aveva invocato il caso fortuito, mentre il giudice ha accertato il nesso di casualità tra la morte delle pecore e l’ingresso dei cani nell’area protetta da recinzione, facendo proprie le nostre richieste. Una lunga ed esaustiva istruttoria ha dimostrato la fondatezza della nostra domanda che ha avuto pieno accoglimento». Salis, sardo, era arrivato nel Comune alle pendici dei Colli Albani nel 2012, attratto dalla possibilità di iniziare un allevamento e avviare un laboratorio di prodotti caseari. Un investimento non indifferente. Le pecore, come accertato da Alessandro Ceci, veterinario dell’Asl Rm B, morirono tutte, insieme a quattro montoni. Alcune azzannate al collo, altre morse sul corpo, rinvenute all’indomani in un lago di sangue. Qualcuna morta calpestata dagli ovini impazziti per la paura, fuggiti all’esterno della recinzione e poi precipitati in una cava vicina, oppure soffocate, dopo essere rimaste incastrate tra i rovi.

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