Viaggiava a venticinque chilometri orari, in curva, e in prossimità di un doppio semaforo. Per la procura non aveva usato le accortezze dovute, il conducente del bus di Atac che il 29 giugno del 2015 aveva falciato un ciclista che attraversava la pista ciclabile, nei pressi della Colombo, all’Eur, trascinandolo per dieci metri. Gianfilippo Milani, 52 anni, geometra e dipendente proprio della municipalizzata dei trasporti, così, morì sul colpo mentre sbucava dalla strada riservata alle bici con il semaforo verde che gli dava la precedenza. Ieri la sentenza: l’autista è stato assolto dal reato di omicidio colposo. Il giudice monocratico di Roma ha ritenuto che il fatto non costituisse reato.
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La vicenda
Una vicenda giudiziaria complicata. Per la morte del ciclista il giudice per le indagini preliminari Maurizio Caivano aveva disposto l’imputazione coatta dell’autista, F. F., un trentenne, dopo aver bocciato due volte la richiesta di archiviazione avanzata inizialmente dalla procura. Per escludere il concorso di colpa dell’indagato - era stata la conclusione del giudice nel rigettare la prima richiesta di archiviazione – era necessario effettuare una consulenza cinematica. Lo scopo era quello di accertare se, «al momento di iniziare la manovra di svolta a destra, l’indagato fosse in grado di rendersi conto della presenza del ciclista proveniente dalla sua destra». Un principio cardine della circolazione stradale, aveva poi specificato il giudice. Da qui i nuovi accertamenti e la conclusione: «L’autista avrebbe dovuto porre più attenzione alla manovra dell’insidiosa svolta a destra. La presenza di pedoni o ciclisti risultava prevedibile».
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Era il giorno di San Pietro e Paolo, gli uffici di Atac erano chiusi, Roma era semideserta e Milani era uscito per fare un giro in mountain bike. Invece, poco dopo le 9, in un istante si è ritrovato risucchiato dalle ruote del mezzo pesante e trascinato per una decina di metri.
A ciò va aggiunto - aveva scritto il gip Caivano nel disporre l’imputazione coatta dell’autista - che la presenza dell’aiuola e degli alberi ad alto fusto posti tra la ciclabile e la via Cristoforo Colombo occultavano solo parzialmente la visuale reciproca del ciclista e dell’autista, come ricavabile dai rilievi». Alla luce della consulenza, gup Anna Maria Gavoni due anni fa aveva disposto il rinvio a giudizio del conducente, «perché alla guida dell’autobus linea 716 proveniente da Roma centro percorreva via Cristoforo Colombo ed effettuava manovra di svolta a destra con il semaforo indicante luce verde, omettendo di prestare attenzione, per negligenza e con violazione delle norme sulla circolazione stradale, all’attraversamento del velocipide condotto a gran velocità da Gianfilippo Milani, uccidendolo sul colpo». Gli avvocati delle parti civili, sorpresi dall’esito processuale, dopo anni di battaglie giudiziarie, hanno preannunciato l’appello all’esito del deposito delle motivazioni della sentenza, riservandosi di agire in ogni sede. «Siamo sconcertati - si sono sfogati i figli - nostro padre andava in bicicletta e attraversava la ciclabile non solo col verde, ma anche provenendo da destra, e quindi con diritto di precedenza». Per la difesa, l’autista, invece, aveva usato tutte le accortezze, compresa quella di una velocità assai moderata.