Roma, psichiatra ricatta la paziente: si fa svendere casa in Centro

Il medico 66enne è riuscito a pagare solo 65mila euro per l’appartamento

Roma, psichiatra ricatta la paziente: si fa svendere casa in Centro
di Francesca De Martino
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Martedì 24 Maggio 2022, 23:55 - Ultimo aggiornamento: 26 Maggio, 08:42

Si sarebbe fatto vendere un appartamento nel cuore di Roma a 130mila euro, sette anni fa, di cui 65mila effettivamente pagati. Un affare che avrebbe realizzato uno psichiatra minacciando la sua paziente, affetta da schizofrenia, di interrompere nell’immediato le sedute terapeutiche. Per questi fatti, la Procura ha appena chiuso le indagini a carico di un medico psichiatra, 66enne, originario di Benevento. L’accusa a carico del professionista è di circonvenzione d’incapace, ai danni di una 59enne romana. I fatti si sarebbero consumati il 24 novembre 2015. Secondo quanto ricostruisce la Procura, l’indagato avrebbe «approfittato dello stato di deficienza psichica» della vittima. 

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I FATTI
La donna era in cura dal 66enne, medico psichiatra, perché affetta da «psico-schizofrenia residuale», quando sarebbe stata convinta dall’uomo a vendere a sua figlia un appartamento nel cuore di Roma, a pochi passi dal Teatro Vittoria, in via Luigi Vanvitelli, a pochi soldi.

Per i pm, l’imputato avrebbe fatto alla sua paziente un’offerta di pochi soldi: 130mila euro. La donna avrebbe accettato, ma gliene sarebbero stati consegnati solo 65mila. Se la 59enne non avesse accolto la proposta d’acquisto avrebbe potuto considerare terminato il percorso specialistico intrapreso con l’indagato: una minaccia, per i magistrati, vera e propria. E un ricatto, quello rivolto alla persona offesa dall’uomo, che avrebbe portato la paziente, in evidente stato di incapacità, a non opporsi alla richiesta. 


In base a quanto si legge nel capo d’imputazione, il medico «induceva la persona offesa a vendere l’immobile a Roma, in via Luigi Vanvitelli, alla figlia a un prezzo vile di 130mila euro, pagato soltanto solo per euro 65mila, che egli stesso corrispondeva, dichiarandone lo stato di liberalità verso la figlia». Per la Procura si sarebbe trattato di un «atto pregiudizievole ed evidentemente influenzato dallo stato mentale della donna, minacciata dell’interruzione di sedute mediche – sostiene l’accusa – e del transfert determinatosi, a causa dello stato mentale, con il proprio psichiatra». L’indagato, per i pm, era perfettamente a conoscenza che la donna, per il suo stato mentale, «era stata tutelata con la nomina dell’amministratore di sostegno – si legge dagli atti – dal 10 marzo 2016 al 10 settembre 2010, quando l’amministrazione di sostegno veniva revocata proprio grazie alla diagnosi dell’indagato, che certificava che la vittima era affetta da “sindrome affettiva bipolare”, in fase di compenso». E, ancora, la responsabilità dell’indagato starebbe anche nel fatto che alla donna era stata di nuovo diagnosticata la patologia di «schizofrenia paranoidea cronica in fase di relativo compenso» mentre «era in cura proprio presso l’indagato – annotano i magistrati negli atti – indicato dal perito come “unica persona di riferimento” per la vittima», tanto che lei sarebbe stata sottoposta ancora una volta ad amministrazione di sostegno l’11 dicembre del 2019 dal giudice tutelare di Roma.

IL PRECEDENTE
Ora la Procura si appresta a formulare una richiesta di rinvio a giudizio a carico del medico psichiatra. Ma un caso quasi simile, con un professionista come presunto ideatore del “raggiro”, era avvenuto anche a Macerata, nel 2014. In quel caso un avvocato era finito a processo con l’accusa di circonvenzione d’incapace: per aver raggirato la cliente, una nobildonna originaria di San Severino e che viveva a Roma (dove nel 2013 era deceduta). Il legale, per i pm, si era approfittato dell’infermità psichica della nobildonna, che era sua fidata cliente. E, tra le accuse, ci sarebbe stata anche quella di aver adibito a suo studio legale 200 metri di un appartamento che si trova in piazza Mattei, a Roma. E anche quella di aver ceduto opere d’arte, sottoposte a vincolo della Soprintendenza, che erano di proprietà della marchesa. 
 

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