Effetto vaccini, ricoveri giù nel Lazio: meno letti Covid in ospedale

Effetto vaccini, ricoveri giù nel Lazio: meno letti Covid in ospedale
di Francesco Pacifico
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Mercoledì 24 Febbraio 2021, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 12:21

Sui posti letto la Regione Lazio cambia strategia, perché ora è prioritario ridurre le tante operazioni e gli screening in lista d’attesa. Con l’avvio delle vaccinazioni agli over 80, nelle ultime tre settimane i ricoveri per Covid sono crollati di quasi il 30 per cento. Erano, lo scorso 3 febbraio, 2.350 i pazienti che hanno avuto bisogno di essere seguiti in ospedali, sono stati 1.850 invece ieri. Numeri ancora preoccupanti - siamo sempre vicini a un terzo complessivo della disponibilità totale per affrontare i casi di Coronavirs - ma la lenta inversione nella curva dei contagi ha spinto la Regione a dare un’indicazione alle Asl e alle aziende ospedaliere che i medici attendevano da giorni: riaprire i letti destinati ai malati non Covid.

 


Dalla prossima settimana, stando alle indicazioni arrivate da via Cristoforo Colombo, l’obiettivo è di riportare al 70 per cento nei reparti le postazioni ordinarie destinate alla cura delle altre patologie.

In soldoni, si vuole arrivare ad aggiungere altre 3mila unità, lasciando comunque i letti per i malati di coronairus di poco sotto quota 5mila, anche sfruttando l’apporto garantito su questo fronte dalla trasformazione in Covid Hotel del Città di Roma e la creazione di nuovi padiglioni (come allo Spallanzani) con l’uso di container. Va da sé, spiegano sempre dal fronte della Regione, che qualora ci fosse una recrudescenza dei contagi (leggi terza ondata accelerata dalle varianti al virus) la proporzione sarebbe cambiata.


Come detto, l’avvio della vaccinazione sugli over 80 (finora ne sono stati immunizzati almeno con la prima dose in 72mila) ha ridotto i contagi (anche se non in maniera eclatante) e, soprattutto, il numero di pazienti costretti per patologie polmonari a dover ricorrere al ricovero ospedaliero. Parallelamente, cresce invece la quantità di cittadini che devono essere tenuti nelle sale del pronto soccorso, in attesa di trovare per loro un letto nei reparti. Su questo fronte, nelle ultime 24 ore, i maggiori problemi si sono registrati al Pertini, all’Umberto I o al San Camillo, dove aspettavano il trasferimento tra le 30 e le 20 persone. Niente a che vedere con i picchi di emergenza, ma comunque un segnale preoccupante in una Regione dove è ancora alta la quantità di prestazioni, screening di controllo e operazioni chirurgiche di elezione (cioè non in emergenza), rinviati proprio dopo lo scoppio della pandemia.


IL PREGRESSO DA RECUPERARE


Come ha denunciato il presidente dell’Ordine dei medici, Antonio Magi, in varie occasioni, dall’avvio della pandemia «circa 2 milioni di pazienti nel Lazio hanno smesso di curarsi come dovrebbero e presto pagheremo caro, non soltanto in termini economici, questi ritardi». In verità, qualche effetto già è visibile nelle percentuali sulla mortalità romana negli ultimi mesi, dove i decessi per patologie no Covid doppiano quelle di malati affetti da Coronavirus. L’Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) aveva stimato che dal marzo scorso 1,3 milioni i residenti del Lazio avevano dovuto rinviare un’operazione oppure le terapie. Questi “numeri” non sono mai stati recuperati: soltanto le 700mila visite saltano crescono di almeno 10mila unità al mese, per patologie delicate come quelle cardiache, respiratorie o celebrali.

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