Coronavirus Roma, la dirigente di polizia: «Violenze domestiche, boom di fatti gravi. Anche i vicini denuncino»

Pamela Franconieri, dirigente IV Sezione
di Alessia Marani
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Domenica 19 Aprile 2020, 09:53 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 14:19

Pamela Franconieri è la dirigente della IV Sezione della Squadra Mobile di Roma, in prima linea nella prevenzione e repressione dei reati sessuali, contro i minori e le donne. «Noi non restiamo a casa, ci siamo sempre, anche con il Covid che tiene in convivenza forzata, sotto lo stesso tetto, vittime e aggressori». Giovedì sera, nel quartiere Lucrezia Romana, zona Capannelle, un uomo ha aspettato l’ex convivente in garage e l’ha colpita più volte con un martello, finché non si è spezzato il manico. E così la donna è riuscita a salvarsi. «Negli ultimi giorni registriamo una recrudescenza di reati particolarmente violenti, una escalation non nei numeri quanto nella gravità delle conseguenze», dice. La Procura di Roma a dicembre aveva affrontato 300 casi di rilievo, 312 a gennaio, 346 a febbraio e “solo” 261 a marzo.
Franconieri che cosa sta succedendo?
«I numeri sono ingannevoli, sebbene ci sia un calo del 20 per cento delle denunce, infatti, ci troviamo ormai quasi sempre a intervenire in casi di percosse e lesioni pesanti, con ricoveri di parecchi giorni delle vittime. Insomma, si chiamano le forze dell’ordine quando ormai si è al limite o c’è il rischio che sia troppo tardi. Il fatto di giovedì è emblematico».
Ma perché si denuncia meno?
«In condizioni normali, e anche in questa situazione di emergenza sanitaria per il coronavirus, noi pensiamo alla casa come a un rifugio sicuro, ma in contesti già problematici, l’attuale situazione può amplificare il pericolo corrente. La vittima può avere maggiori difficoltà a chiedere aiuto se è “controllata” a vista. Noi riteniamo che a un calo di denunce, corrispondi un aumento del sommerso. Per questo tutta la rete di prevenzione deve essere molto attenta a intercettare i segnali di pericolo».
A Lucrezia Romana sono accorsi i vicini in aiuto della donna che gridava disperata...
«L’altro giorno grazie ai vicini di casa, alle porte di Roma, abbiamo scoperto l’inferno che viveva una donna, vittima degli abusi del marito da ben 17 anni. Stavolta i vicini, costretti a non uscire di casa ed esasperati dalle continue liti della coppia, hanno avvisato la polizia. Ma i vicini sentono quasi sempre e troppo spesso rimangono zitti. Questi reati sono così gravi che si può procedere d’ufficio, per cui anche un vicino può accendere una luce su situazioni estremamente pericolose».
Per le donne adesso è difficile recarsi in un centro anti-violenza, anche andare un’amica per un conforto è impossibile. Come possono chiedere aiuto?
«Le forze dell’ordine non stanno a casa. Chi non può chiamare il numero di emergenza 112, può scaricare e utilizzare la App “YouPol” con cui è attivo un canale per chattare direttamente con l’agente in sala operativa, anche solo per un consiglio. Poi, dopo averla attivata, può disinstallarla subito e scaricarla nuovamente se ce ne sarà bisogno. A disposizione h24 c’è, inoltre, il numero antiviolenza 1522».
C’è chi pensa che non serva...
«Assolutamente no. Sono molti gli strumenti che sia la magistratura che noi stessi abbiamo per intervenire subito. Se le forze dell’ordine arrivano e colgono la violenza in flagranza, possiamo subito procedere con l’allontanamento immediato. Comunque non è solo un problema declinato al femminile...».
Ossia?
«La convivenza forzata riguarda anche tanti genitori, spesso anziani, che coabitano con figli violenti o tossicodipendenti, ossessionati dalle richieste di denaro. Anche questi casi non vanno sottovalutati. Le sentinelle dei servizi sociali, quelle tra vicini e conoscenti, debbono più che mai rizzare le antenne per scongiurare tragedie che si potevano evitare». 

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