Coronavirus, il primario del pronto soccorso del Grassi: «Più protezioni per medici e infermieri. Ora serve l’impegno di tutti»

Il pronto soccorso dell'ospedale Grassi di Ostia
di Mirko Polisano
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Mercoledì 18 Marzo 2020, 10:43

L’ospedale Grassi di Ostia in prima linea nella battaglia contro il Covid -19. Medici, infermieri e operatori socio-sanitari ogni giorno in corsia per affrontare il “mostro” - così lo chiamano gli addetti ai lavori - del Coronavirus. E proprio dall’ospedale di Ostia, tra i fiori all’occhiello della sanità del Lazio, arriva la testimonianza del dottor Giulio Maria Ricciuto, direttore del dipartimento Emergenza e Accettazione dell’ospedale Grassi e presidente di Simeu (Società italiana di emergenza e urgenza) del Lazio. «Siamo tutti immersi da settimane per tentare di scrivere qualcosa che possa interpretare al meglio quello che gli operatori dei team di pronto soccorso, medicina d’urgenza, Obi e terapia semintensiva stanno vivendo dal punto di vista professionale e umano», scrive in una nota il dottor Ricciuto.

LA NOTA
«Non vi è dubbio che i team d’emergenza-urgenza stiano affrontando l’emergenza coronavirus con spirito di sacrificio, senza fuggire da essa - prosegue la missiva - e con un quotidiano aggiornamento di nozioni e normative degno della loro grande ed elastica capacità mentale, e che abbiano chiara la propria missione non solo all’interno del servizio sanitario, ma anche dell’intera società civile, essendone fieri nonostante la latitanza di politiche di benessere lavorativo abbia provocato la crisi di vocazione e la fuga del personale dai pronto soccorso verso altre situazioni lavorative non di prima linea e reso il lavoro più bello del mondo quasi un inferno nell’immaginario collettivo, identificandolo sempre più purtroppo con i luoghi e le condizioni nei quali si svolge. Ringraziando i rianimatori con i quali lavoriamo insieme e in serie e tuttavia suggerendo anche agli altri colleghi a prepararsi per una battaglia che per essere vinta deve riguardare tutti. Gli ospedali per acuti vanno riorganizzati nella logica che questa emergenza ci sta confermando, ovvero che il seppur basso 3 posti letto per mille abitanti deve essere presidiato da tecnologia e personale in linea con le mutate caratteristiche qualitative e quantitative della popolazione che vi accede, aumentandone di molto quindi la quota sia intensiva ad appannaggio dei rianimatori, cardiologi, pneumologi che subintensiva nelle Uoc di pronto soccorso e medicina d’urgenza, ma anche incrementando in maniera significativa le aree ad alta intensità di cure nei reparti di area medica, lasciando i posti letto semplici per lo più ad un numero aumentato di strutture di post-acuzie o di lungodegenza, e prevedendo piani di emergenza con logistica di spazi e dispositivi sempre pronti. Tutto ciò non può prescindere da una logica di rinforzo del personale. La richiesta di maggiore protezione dal contagio è molto sentita dall’intero team dell’emergenza-urgenza. Ritengo - sottolinea  Ricciuto - che gli operatori sanitari debbano lavorare indossando in ogni setting sanitario almeno occhiali protettivi e mascherina chirurgica, da mutare in mascherina FFP2 o FFP3 nei setting di emergenza, associando il camice idrorepellente. Purtroppo la mancata preparazione e la ritardata risposta ha portato alla situazione di carenza di tali dispositivi, tuttavia aggirabile a mezzo di grandi accordi tra governi mondiali e redistribuzione delle dotazioni a seconda del livello di endemia».

L'IMPEGNO
«Come Presidente SIMEU  Lazio- prosegue Ricciuto - voglio ringraziare a nome dei medici d’urgenza tutti i Rianimatori che condividono con noi le prime fasi del trattamento dei pazienti più gravi che poi prendono in carico in maniera esemplare, applicando con estrema umanità dei criteri scientifici basati sull’evidenza e talora ingiustamente interpretati come arbitrari, e pagando anch’essi un altissimo prezzo in termini di stress e contagi. La sospensione dei congedi ordinari al personale sanitario e tecnico ordinata dal DPCM 09/03/2020 dovrebbe essere utilizzata come una opportunità di ridistribuzione di personale risparmiato dal depotenziamento dell’attività di elezione ed ambulatoriale verso attività di supporto all’emergenza coronavirus, quali le visite a domicilio, l’esecuzione di tamponi, le attività di accoglienza negli ospedali, le attività di informazione e di supporto telefonico per cittadini semplici o isolati in modalità fiduciaria, in modo da condividere l’appartenenza ad un unico sistema sanitario in lotta con il mostro. Concedere al contrario congedi ad altri professionisti sanitari solo perché all’apparenza lontani dall’emergenza, significherebbe dare un messaggio di divisione e contribuire alla fuga dall’emergenza verso lidi premianti».

«CI VEDIAMO A GUERRA VINTA»
«Come ultima cosa - conclude il primario del pronto soccorso - voglio parlare agli operatori del team dell’emergenza come persone, esprimendo loro vicinanza e comprensione per la paura di ammalarsi, di far ammalare i propri cari e i colleghi, per la frustrazione nel vedere soffrire e morire donne e uomini di ogni età e condizione, e al tempo stesso per la loro capacità unica di essere di
conforto e di supporto per tutta la famiglia, per gli amici, per i malati e per i loro cari, a testimonianza di una icchezza interiore, oltre che professionale, che nessun evento riuscirà mai a cancellare e che costituisce uno dei baluardi dai quali ricostruire una società più solidale e attenta ai valori fondanti la civiltà.

Ci vediamo a guerra vinta»

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