I viaggi avvenivano con auto speciali che, al posto dell'airbag, avevano un vano segreto per nascondere armi, droga o soldi. Le comunicazioni con cellulari non intercettabili e attraverso canali cifrati. I nomi erano in codice. A raccontare come funzionasse è stato Artan Monari, finito in manette dopo il pentimento di uno dei sodali, arrestato insieme al capo dell'organizzazione, Lulzim Daiu.
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«Il corriere - ha spiegato il collaboratore di giustizia - che ha riempito pagine di verbali - raggiunge il luogo convenuto, lascia l'auto ai fornitori, loro si allontano, portano l'auto in un box dove scaricano i soldi (occultati nel doppio fondo) e caricano la droga. Quindi riconsegnano l'auto al corriere che parte per la sua destinazione». Monari ha precisato di non aver mai operato come corriere per Daiu, ma che per suo tramite aveva conosciuto molti clienti italiani a cui Daiu consegnava la cocaina. Su Fabietti ha aggiunto: «Le consegne a Fobrizio avvenivano sempre in una casa vuota utilizzata solo per lavorare». E ancora: «Fabrizio è persona molto importante nel traffico della droga, ricordo che una volta mi ha chiesto di portare 20 kg di cocaina a Parigi e mi ha racconta di avere molte conoscenze anche in Spagna». Ha anche aggiunto che Testi, prima del suo arresto, gli aveva chiesto di uccidere un uomo per 30mila.
L'organizzazione disponeva di un efficientissimo parco macchine modificate che venivano utilizzate in base alla quantità di stupefacente da trasportate: furgoni o Suv per viaggi transnazionali con un carico tra i 15 e i 50 chili. Ma nei doppifondi venivano nascosti anche soldi e armi. Le modifiche alle auto avvenivano in un'officina di Madrid. Un'organizzazione di colombiani era in grado di realizzare il lavoro, in cambio pretendevano tra i dieci e i ventimila euro e in alcuni casi anche qualche partita di cocaina. L'equipe sudamericana era in grado anche di indicare esattamente il quantitativo che poteva essere occultato nel doppio fondo: collocava «forme» in legno equivalenti alle dimensioni del panetto standard di cocaina. La cocaina, nel panetto in sottovuoto, veniva poi confezionata con un'ulteriore copertura di caffè o pepe e ricoperta da nastro isolante, per ingannare eventuali cani antidroga. Sul panetto era poi impresso un simbolo o una scritta che era indicativa della qualità dello stupefacente (maiale-aquila-S8) e veniva successivamente venduta, sulla piazza romana, per 34mila euro al chilo. Secondo gli inquirenti, tra settembre e novembre 2018, nei cinque carichi di cui parla Monari, sarebbero stati immessi sul mercato circa 85 chili. Ventisette sono stati sequestrati.
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