Buche, fondi dirottati altrove: inchiesta della Procura anche sui Municipi

Una delle tante buche: questa è in via Casilina
di Michela Allegri
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Lunedì 27 Gennaio 2020, 12:16

Il sospetto è che i soldi stanziati dal Campidoglio per riparare le buche della Capitale, e dati ai Municipi, siano stati sprecati o utilizzati non per rattoppare i crateri nelle strade di Roma, ma per risanare buchi di bilancio. Ora la Procura vuole vederci chiaro: l'inchiesta sulle voragini romane non riguarda più solamente il Comune - che avrebbe utilizzato gli incassi delle multe ai cittadini non per riparare l'asfalto, ma per fare tutt'altro - ma si allarga a tutti i distretti locali. Su delega della pm Antonia Giammaria, nelle scorse settimane la Guardia di finanza ha acquisito una copia di bilanci e contratti di appalto inerenti la gestione dei municipi dal 2018 a oggi. Gli inquirenti, infatti, vogliono ricostruire con esattezza come sia stato utilizzato il denaro messo a disposizione delle singole suddivisioni amministrative.

Gli investigatori, che hanno già iniziato a sentire come persone informate sui fatti i dirigenti della Ragioneria e del Segretariato comunale, dovranno spulciare tutte le voci di bilancio e verificare se ci siano stati sprechi: dagli appalti e dagli interventi per i servizi sociali e scolastici, fino a quelli per la manutenzione del verde e delle biblioteche. Il sospetto è che i fondi destinati ad aggiustare le strade colabrodo della città siano stati invece spesi in un altro modo. In caso di conferma, l'amministrazione responsabile della decisione sarà chiamata a fornire una giustificazione.
Gli accertamenti riguardano anche lavori fantasma, annotati nei documenti dei Municipi ma mai realizzati. E il sospetto è che chi avrebbe dovuto vigilare sulla corretta esecuzione degli interventi non lo abbia fatto. I tecnici che si occupano della manutenzione stradale sostengono che molti lavori risultano «incompleti» o «eseguiti parzialmente» perché i finanziamenti messi a disposizione dall'amministrazione centrale sono insufficienti.
Ma l'inchiesta punta a stabilire se, in realtà, quei - pochi - fondi siano stati sprecati. Per il momento il fascicolo è contro ignoti. Ma un reato è già stato ipotizzato: abuso d'ufficio.
Il fascicolo era stato aperto lo scorso settembre, quando il Codacons aveva denunciato che i soldi delle multe ai romani, che in teoria dovrebbero essere sfruttati, almeno in larga parte, per mettere in sicurezza le strade, erano finiti per finanziare tutt'altro: arredi, accessori per uffici, cancelleria e per pulire le divise della polizia locale, musei, mostre e pinacoteche, addirittura generi alimentari.
Il Codice della strada prevede invece che i fondi incassati dagli enti locali con le sanzioni vengano reinvestiti soprattutto nella manutenzione e in progetti di sicurezza stradale. Ma a Roma i conti sembrano non tornare.
Solo nei primi sei mesi del 2019, gli agenti della Municipale hanno registrato 1 milione e 100mila infrazioni, il 10 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2018. I verbali per la sosta selvaggia sono cresciuti del 40 per cento, passando dalle 286.287 multe del 2018 alle 401.407 del primo semestre del 2019. Incassi che, secondo quanto prevede la legge, avrebbero dovuto frenare l'avanzata di crateri nelle vie della Capitale.
Invece, leggendo l'elenco delle «spese finanziate dai proventi delle contravvenzioni» negli ultimi 3 anni si leggono voci che non hanno nulla a che fare con la manutenzione stradale: il pagamento di «accessori per uffici e alloggi», «manutenzione di beni mobili e arredi», «carta e cancelleria» per i vigili urbani, «generi alimentari per la Protezione Civile», «musei, mostre e pinacoteche».
Il risultato? I marciapiedi della città continuano a sgretolarsi e i sampietrini ad accavallarsi o a sprofondare.
 

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