Sparò sul Gra e uccise un uomo, la Cassazione annulla la condanna: nuovo processo per l'agente

Sparò sul Gra e uccise un uomo, la Cassazione annulla la condanna: nuovo processo per l'agente
di Adelaide Pierucci
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Sabato 12 Gennaio 2019, 08:50

Si riparte da un processo d'appello bis: il caso di Bernardino Budroni va riscritto. Il poliziotto che in una notte del luglio del 2011 a conclusione di un inseguimento sul Gra ha sparato e ucciso il quarantenne di Fonte Nuova va condannato per omicidio colposo o assolto per legittima difesa? La condanna a otto mesi di reclusione inflitta all'agente scelto Michele Paone, nel luglio 2018, dopo una assoluzione piena di quattro anni prima, è stata annullata dalla Corte di Cassazione, su ricorso promosso dalla difesa: la motivazione è stata ritenuta carente, viziata. Il processo va ripetuto, rifatto.

IL RIPENSAMENTO
Il caso quindi, a otto anni di distanza, resta aperto. E a continuare a dividere. «Per noi è tutto chiaro: è stato ucciso. Si era arreso», attacca la sorella della vittima, Claudia Budroni. «L'agente aveva puntato alla ruota, per bloccare un'auto che viaggiava come un missile sul Raccordo - ha spiegato il difensore di Paone, l'avvocato Gianpiero Mendola - con punte che avevano raggiunto i 220 chilometri orari». La Cassazione ha anche ritenuto inammissibile il ricorso della parte civile che puntava al riconoscimento dell'omicidio volontario. Annullata la condanna dell'appello, quindi si riparte dall'assoluzione di primo grado. L'assoluzione infatti era stata soppiantata da una condanna secondo la quale il poliziotto non avrebbe dovuto sparare.

Sbagliata non solo la direzione dei colpi, ma anche il momento dell'intervento, avevano stabilito i giudici della I Corte di Appello. Mentre nel 2013 il giudice monocratico era giunto a tutt'altra conclusione ed aveva assolto Paone: l'uso dell'arma, allora, era stato riconosciuto legittimo e «adeguato e proporzionato all'entità della situazione». Allora a far riaprire il caso in appello, non solo la famiglia Budroni, ma anche il pm Giorgio Orano, il magistrato che in primo grado aveva chiesto la condanna a due anni e mezzo per Paone. «L'agente - aveva ricostruito, - ha agito con eccesso colposo dell'uso legittimo delle armi e con l'aggravante della previsione dell'evento. Il veicolo di Budroni era ormai quasi fermo e con tre auto delle forze dell'ordine e sei uomini armati a ridosso non aveva scampo».

Sarebbe stata proprio questa grave sproporzione, secondo il pm, a creare i presupposti del reato di eccesso colposo. Per la difesa di Budroni la chiave del caso, invece, sta nella perizia del Ris: «Dall'incidenza dei due spari esplosi in un secondo dall'agente, uno sul parafango, e uno poco più su sullo sportello, il Ris ha ricostruito che l'auto viaggiava tra gli ottanta e i cento chilometri. Una fatalità. Il fuggitivo si è chinato per svoltare ed è stato attraversato dal colpo».
Dino Budroni era stato inseguito per venti chilometri sul Gra, dalla Tuscolana, fino all'altezza della Nomentana, direzione Mentana, dopo che l'ex compagna aveva segnalato al 113 di essere stata minacciata e il suo portone preso di mira con un'ascia.

 
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