Stadio Roma, 9 condanne: 8 anni e 8 mesi all'ex presidente M5S del consiglio comunale Marcello De Vito e 2 anni all'imprenditore Parnasi

Tra gli assolti, per il progetto di Tor di Valle, l'ex assessore regionale Michele Civita e Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd.

Stadio Roma, 9 condanne: 8 anni e 8 mesi all'ex presidente M5S del consiglio comunale Marcello De Vito e 2 anni all'imprenditore Parnasi
3 Minuti di Lettura
Venerdì 5 Aprile 2024, 19:25 - Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 00:25

Nove condanne e una decina di assoluzioni. Questo il primo verdetto sulla maxi indagine della Procura capitolina sul nuovo stadio della Roma. Dopo oltre otto ore di camera di consiglio i giudici hanno inflitto, tra gli altri, tre anni di reclusione a Luca Lanzalone, otto anni e 8 mesi all'ex presidente dell'assemblea capitolina (M5s) Marcello De Vito e un anno al parlamentare della Lega, Giulio Centemero. I giudici hanno, poi, disposto due anni di carcere per l'imprenditore Luca Parnasi che aveva optato per il rito abbreviato mentre per l'avvocato Camillo Mezzacapo sono stati inflitti 9 anni di carcere. 

Camilla Marianera, la talpa del Tribunale di Roma condannata a 6 anni: disposti i domiciliari. Lei ai parenti: «Ci vediamo a casa»

Stadio a Tor di Valle, il processo

Condannato, inoltre, l'imprenditore Giuseppe Statuto ad un anno e sei mesi mentre per Gianluca Bardelli inflitti 6 anni e 8 mesi e 8 mesi al commercialista Andrea Manzoni.

Tra gli assolti, con la formula per non aver commesso il fatto o il fatto non sussiste, l'ex assessore regionale Michele Civita, Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd oltre che l'ex sovrintendente Francesco Prosperetti e l'ex consigliere comunale Davide Bordoni. I giudici hanno disposto inoltre per De Vito e Mezzacapo il pagamento di circa 230 mila euro in favore del Comune di Roma. 

Le condanne e le assoluzioni

Una sentenza che recepisce solo parzialmente l'impianto accusatorio dei pm di piazzale Clodio che avevano sollecitato 22 condanne in un procedimento in cui si ipotizzavano episodi di corruzione, traffico di influenze e finanziamento illecito. Per i rappresentanti dell'accusa dalle indagini e dal dibattimento «è emerso in modo chiaro l'esistenza di un 'sistema Parnasì che per favorire le proprie attività si serviva di schemi corruttivi gravi, attraverso favori ai politici locali, di tutti i partiti, come metodo per fare impresa».

Commentando la decisione del tribunale i difensori di Parnasi non hanno nascosto la loro soddisfazione annunciando il ricorso in appello. «Abbiamo fatto una grande battaglia processuale, sono state riconosciute gran parte delle questioni che avevamo posto - afferma l'avvocato Emilio Ricci - ci hanno riconosciuto l'attenuante della collaborazione, le generiche, siamo contenti anche della derubricazione tra corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio e corruzione per l'esercizio della funzione».

In base alla struttura dell'accusa, Parnasi ha cercato di pilotare le procedure amministrative legate al masterplan per l'impianto che doveva sorgere a Tor di Valle, approvato, nell'ambito della conferenza dei servizi. Un provvedimento che portò, tra l'altro, all'abbattimento del 50% delle cubature rispetto all'ipotesi iniziale. In questo sistema Parnasi - per l'accusa - aveva in Lanzalone una referente di primo piano. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA