Lazio, rifiuti inviati all’estero: la Regione è maglia nera. Va male la differenziata

I dati del rapporto dell’agenzia di controllo del ministero dell’Ambiente

Lazio, rifiuti inviati all’estero: la Regione è maglia nera. Va male la differenziata
di Fernando M. Magliaro
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Giovedì 22 Dicembre 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 15:16

Le ottimistiche previsioni di qualche anno fa parlavano di una attesa diminuzione della produzione dei rifiuti. Invece, a Roma crescono del 4%. In questo, ovviamente, complice anche il ritorno alla vita normale post Covid, inclusi i turisti. E il Lazio, che negli ultimi anni ha smantellato la rete degli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, ora si ritrova, insieme alla Campania, ad avere il triste primato della Regione che esporta all’estero il maggior quantitativo di rifiuti, 98mila tonnellate anno. Destinazione dell’immondizia capitolina Austria, Portogallo, Cipro e Ungheria. La certificazione di questo fallimento la rende l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra) del ministero dell’Ambiente con il rapporto 2022 sui rifiuti speciali.

 

I NUMERI

Andiamo per ordine.

A livello regionale, nel 2021, il Lazio fa segnare un +2,4%, rispetto al 2020, nella produzione annuale di rifiuti. Più del Lazio, ci sono Trentino, Liguria, Piemonte, Marche. Scendendo a livello cittadino, Roma segna un +4%, attestandosi al quarto posto per crescita nella produzione dei rifiuti. Più di Roma, ci sono Catania e Palermo (+5,8%) e Genova (+4,1%). Il secondo parametro che Ispra analizza è quello sulla percentuale di raccolta differenziata. La media nazionale è al 64% in crescita di un punto rispetto all’anno precedente. A livello regionale, il Lazio si ferma al 53,4% di differenziata molto lontano dalla soglia del 65% che le normative prevedono come obiettivo da raggiungere. Scendendo a livello di Città Metropolitana, quella di Roma (inclusi, quindi, i 120 comuni della Provincia) raggiunge il 51,4%.

A tirar giù tutto ci pensa Roma che, rispetto al magro 43,8% del 2020 si ferma al 45% nel 2021. Praticamente, con variazioni minime, il livello della differenziata a Roma è rimasto più o meno quello della fine del governo Marino. L’indifferenziato, il 55%, finisce, oltre che in Spagna, Portogallo e Austria, anche in Svezia e Olanda. Almeno fino a quando, anno 2026, potrebbe e dovrebbe entrare in funzione il termovalorizzatore e i due impianti di compostaggio dell’umido sui quali ha puntato tutto la Giunta Gualtieri, con il sindaco investito dei poteri di Commissario per il Giubileo.

LA CAPITALE

Nello specifico, i dati dell’Ispra evidenziano come Roma da sola, producendo 1 milione e 600mila tonnellate annue di spazzatura, finisca per destinare il 30% di questa immondizia, dopo il trattamento nei TMB, alle discariche sparse per l’Italia e all’estero. In pratica, ogni anno i romani pagano con la loro Tari affinché 900 mila tonnellate di rifiuti siano inviati negli inceneritori e nelle discariche del Paese. Per inciso, l’Unione europea obbliga a ridurre questa percentuale dal 30% di oggi al 10% massimo entro il 2030. Diventa, quindi, fondamentale, sperando che basti, per non incorrere nei problemi con Bruxelles, che il Piano rifiuti varato dalla Giunta Gualtieri vada in porto.

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