Dal Vaticano alla Cia, tutti i contatti del boss

Dal Vaticano alla Cia, tutti i contatti del boss
di Claudia Guasco e Sara Menafra
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Lunedì 8 Dicembre 2014, 06:08 - Ultimo aggiornamento: 17:02
ROMA - Chiamarlo boss, almeno pubblicamente, significa farselo nemico. Ma il profilo dell'ex faccendiere legato alla Banda della Magliana, Ernesto Diotallevi che emerge dalle carte dell'inchiesta, è quello di un personaggio che vive al confine.





​Tra il lusso sfrenato del suo attico con vista su Fontana di Trevi, sequestrato un anno fa, sebbene all'Agenzia delle entrate risulti disoccupato da anni, i rapporti coi servizi segreti e i mille affari economici avviati tutti in contemporanea, anche grazie ai figlio Leonardo e Mario. Nel 2012 in procura arriva anche un esposto anonimo in cui Diotallevi e figli sono accusati di truffare giovani rampolli della bella vit romana. Nel giro sarebbe stato coinvolto anche Stefano Ricucci che, dopo aver subito alcuni furti, avrebbe «ritenuto più conveniente acquistare o far acquistare a prezzo di vantaggio gli oggetti e gli immobili bottino del clan». E seguno foto da capogiro, una delle quali è un selfie ante litteram tra Mario Diotallevi e la deputata Pdl Annagrazia Calabria. Poi le foto dello yacht, una Ferrari spider, orologi di lusso, un elicottero, lo stesso che tutte le estati lo porta in vacanza in Corsica e in Sardegna.

I RAPPORTI COI SERVIZI

Se la truffa al bel mondo no è provata, in uno dei decreti di autorizzazione alle intercettazioni nei suoi confronti, si parla di come, assieme ai figli, Ernesto Diotallevi avrebbe cercato di aprire canali di collaborazione coi servizi segreti.









C'è un contatto con Paolo Oliviero, ex ufficiale della finanza e commercialista, finito al centro dell'inchiesta sulla cosiddetta truffa dei Camilliani. Nel 2012, Ernesto e Mario ne parlano come di un «colonnello della Finanza», futuro «capo della sicurezza al Vaticano», descritto come «mitomane», «corrotto», e appartenente ai servizi segreti che subisce ”er fascino” di Diotallevi. Mario (figlio di Ernesto): «E' un colonnello della Finanza, finisce l'incarico e va a fa il capo della sicurezza al Vaticano»; Ernesto: «Ma chi sarebbe quello che... sta vicino al Presidente? No...»; Mario: «Quello è Carignola (Fabio, poliziotto anche lui in contatto con Diotallevi ndr), è n'altra cosa. Questo si chiama Paolo è pratico da morì, c'ha cinquant'anni, c'ha na figlia di vent'anni e non è stupido. E' daa Finanza. Je faccio ”me pii a lavorà co te”, ”aspetta che vado in Vaticano”, m'ha detto. Mo io m'accosto, s'accostamo insiem ar Colonnello...»; Ernesto: «Ma quello con me ce se accosta patà?»; Mario: «Si, è un corrotto papà»; Ernesto: «Ma lo sa chi so?»; Mario: «Diventiamo miliardari... se quello c'ha una mossa per questi prelati... Lui subisce il fascino tuo, damme retta...».



L'AMICO ALLA CIA

Sempre Mario, millanta di essere in contatto anche con appartenenti a servizi segreti stranieri, come si evince dalla conversazione, tale Giuseppe, indicato come appartenente alla «Cia»: Ernesto: «Allora, mi hanno proposto biglietti da un milione di dollari»; Mario: «Non esistono! Sono fuori mercato!»; Ernesto: «Li chiamano i ”gold” e li usano per pagare quando ci stanno sti riscatti all'estero»; Mario: «Ce dovemo fa ammazza dai servizi americani!Non devi andare in banca, t'arrestano se vai in banca»Ernesto: «Mo glieli diamo all'amico tuo della Cia». Mario: «A Giuseppe glieli diamo? Quello della Cia»; Ernesto: «Li potemo cambià? Non è che ce beve, no?»: Mario: «Ma chi lui?».



ALTRI AFFARI

L'altra faccia, spiegano gli inquirenti, è quella dei rapporti coi boss. In una intercettazione registrata nel dicembre 2012, il suo ruolo di potente leader della criminalità organizzata. Lo racconta il gip in uno dei decreti di autorizzazione alle intercettazioni ora allegate agli atti dell'inchiesta sulla Mafia Capitale. Leonardo (il figlio): «Ma chi è oggi il super boss dei boss... quello che conta più di tutti?»; Ernesto: «Teoricamente so io.... teoricamente». I pm di Roma, aggiungono che sempre la voce di Diotallevi chiarisce la gerarchia di Cosa Nostra a Roma. Un tempo, a capo di tutti c'era il "compare" (individuato in Pippo Calò, appuntano i pm) con al proprio fianco lo stesso Diotallevi, mentre ora al vertice della criminalità sarebbe salito Giovanni De Carlo «che ha preso il posto del Diotallevi, mentre il posto di Calò è stato preso da un soggetto che il Diotallevi descrive così: "E' un bravo ragazzo, ma quello, se è quello che dico io non lo conosce nessuno”».