Roma torna agli anni '70, Ridley Scott gira il film sul rapimento Getty

Roma torna agli anni '70, Ridley Scott gira il film sul rapimento Getty
di Gloria Satta
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Venerdì 7 Luglio 2017, 09:03 - Ultimo aggiornamento: 11:11


Nell'afosa notte romana, il giovane uomo dai capelli lunghi, giacca fiorata e pantaloni a zampa, si accende uno spinello e attraversa con passo indolente Piazza Navona gremita di tavolini, suonatori, tiratardi, turisti. Siamo tornati al 10 luglio 1973, l'atmosfera spensierata ha un sapore di Dolce Vita mentre risuonano le note di Nino Rota. La ricostruzione è perfetta. Auto d'epoca (Fulvia Coupé, Citroen Pallas, Giulia 1300...) e torme di paparazzi pronti a inseguire le coppie glamour affollano la piazza mentre il giovane capellone, un figlio dei fiori appena 16enne e ricco sfondato, si avvia inconsapevole verso il suo tragico destino: in un vicolo a due passi da Piazza Farnese verrà rapito dagli scagnozzi della 'ndrangheta. Ed esploderà il caso di cronaca più clamoroso degli anni Settanta. Il giovane è Paul Getty III, interpretato dall'attore 18enne Charlie Plummer.

GRANDE CINEMA
La sequenza che monopolizza il centro di Roma impegnando 300 comparse, cineprese sofisticatissime e drappelli di tecnici, aprirà il nuovo film di Ridley Scott All the money in the world dedicato al rapimento Getty: una fosca vicenda destinata a culminare cinque mesi dopo nella liberazione dell'ostaggio a cui i banditi avevano mozzato un orecchio, inviato poi per posta al Messaggero come prova del rapimento. La scena-choc in cui i cronisti del nostro giornale ricevono il macabro reperto, promette il grande regista di Blade Runner, sarà uno dei momenti-chiave del film. «Ho deciso di girare All the money in the world», spiega Scott in piazza Navona attraversata da un carrello di acciaio lungo un centinaio di metri, «dopo aver letto tutto d'un fiato la sceneggiatura di David Scarpa sull'aereo che mi portava in Australia sul set di Alien: Covenant. La storia di Getty, potentissima, mi è rimasta dentro per giorni, così mi sono tuffato nel progetto. Il film ruota intorno alla figura del ricchissimo nonno del rapito, il petroliere John Paul Getty I che pagò riluttante il riscatto dopo un'estenuante trattativa con i banditi. Anziché indugiare sull'affresco d'epoca, ho preferito raccontare come il sequestro del nipote abbia influito sulla vita di questo ultrasessantenne miliardario e sul destino della sua famiglia ricca ma sfortunata perché segnata da droga, alcol, drammi. In questo contesto, il giovane protagonista diventa adulto troppo in fretta». Mentre Scott segue le riprese sul monitor all'interno di un tendone, nascosto da una coppola nera scivola discretamente sul set l'immenso Kevin Spacey: è lui a interpretare l'inflessibile nonno che, dopo aver pagato il riscatto (un miliardo e 700 milioni di lire) si farà restituire i soldi dal nipote a rate con l'interesse del 4 per cento. «Kevin è stato il primo attore a cui ho pensato», rivela il regista. «Non somiglia fisicamente all'originale, ma ha la grinta e lo sguardo giusto».

Tra un ciak e l'altro, Scott e Spacey sorseggiano vino bianco ghiacciato e il giovane Plummer, divo di serie tv per teen ager, guarda adorante il collega mostro sacro. Il film, una produzione anglo-americana, in Italia verrà distribuito da Lucky Red. Prestigioso il cast: Mark Wahlberg fa il negoziatore ingaggiato dai Getty, il bravissimo Marco Leonardi è il capo dei rapitori calabresi, Romain Duris un altro malavitoso implicato nel sequestro mentre Michelle Williams si trasforma in Gail, la madre di Getty III che si batté strenuamente per la liberazione del figlio. «La signora fu decisiva nella vicenda che contribuì a distruggere il suo matrimonio con Getty II, l'erede alcolizzato della dinastia», spiega Scott. «Michelle regala forza e autorevolezza al suo personaggio. E non può che affidarsi al proprio talento: a parte una toccante intervista tv di Gail, il materiale storico è scarso». E' fuori strada chi immagina Scott seppellito negli archivi o immerso nei documenti. «Non perdo mai troppo tempo nelle ricerche», confessa il maestro sorridendo, «ho la fortuna di aver frequentato delle buone scuole, possiedo una memoria fotografica e questo mi basta. Quando girai Il Gladiatore i soloni della Cambridge University mi accusarono di inaccuratezza storica. Forse avevano ragione, ma ho riportato in vita l'Impero Romano».
All the money in the world è un'espressione inglese traducibile in per tutto l'oro del mondo. «Mi è sembrato un titolo più efficace di Getty, il primo a cui avevo pensato», ragiona Scott mentre i parrucchieri aggiustano i boccoli di Plummer.

FACCIAMO DA SOLI
«Non abbiamo avuto bisogno di coinvolgere i Getty nel progetto, ci è bastata la cronaca così ricca di colpi di scena, incongruenze, dubbi: la polizia sospettò perfino che il ragazzo avesse escogitato tutto per spillare soldi al nonno. E non volevamo correre il rischio che la famiglia (capostipite e nipote non ci sono più, ndr) ci mettesse i bastoni tra le ruote». Cosa sa dell'Italia di 40 anni fa? «Ricordo bene l'epoca dei sequestri: ce ne furono oltre 50 in un anno e chiunque avesse un po' di soldi tremava. Specialmente in Sardegna, dove una vacanza con i miei bambini venne funestata dalla paura che potessero essere rapiti». Scott definisce «rozzi e primitivi» i criminali calabresi che gestirono il sequestro Getty: «In America sarebbero stati condannati alla pena capitale», si lascia sfuggire. Dopo Roma, le riprese si sposteranno in Giordania e a Londra. Intanto, su Getty, il premio Oscar Danny Boyle prepara la serie Trust con Donald Sutherland. A distanza di oltre 40 anni, lo sventurato rampollo fa ancora discutere.

 

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