Roma, baciò e molestò la paziente: oculista a giudizio

Roma, baciò e molestò la paziente: oculista a giudizio
di Adelaide Pierucci
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Lunedì 29 Maggio 2017, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 13:00
Un bacio veloce e carezze velate al seno della paziente rimasta impietrita, finisce sotto processo un noto oculista con studio a Roma nord. La paziente, una studentessa universitaria di venticinque anni, uscita dallo studio ha raccontato le molestie al fidanzato e alle amiche e ha presentato immediatamente denuncia. Un esposto ai carabinieri di Roma San Pietro, subito inquadrato dal pool antiviolenza della procura, coordinato dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, come violenza sessuale esercitata «con abuso di prestazione d'opera». I fatti risalgono al febbraio 2016.

LA PAURA
La studentessa - assistita dall'avvocato Marianna Rociola - sotto interrogatorio aveva raccontato di aver chiesto una consulenza allo specialista dopo avere rinunciato alle cure presso l'ospedale oftalmico: «Mi dissero che c'erano liste di attesa di un anno per la prima visita. E allora mi informai sul nome di un oculista interno all'ospedale che ricevesse anche privatamente. A studio, il dottore si è presentato con massima professionalità. Al quarto appuntamento, invece, all'improvviso mi ha baciato con insistenza e toccato il seno». Il resto la ragazza lo ha raccontato più tardi con una serie di messaggi su WhattsApp a un'amica: «È successo un casino. L'oculista ha provato a baciarmi. Mi ha messo la lingua. Sto malissimo. Non so perché mi sono bloccata. Ho fatto finta di niente. Sto andando con mia madre a fare denuncia». Il primo ad intervenire era stato il fidanzato rimasto in attesa fuori dallo studio oculistico: «Come ti sei permesso?».
Ora è nell'elenco dei testimoni. L'oculista, convinto della sua innocenza, dovrà affrontare il processo a ottobre con la doppia contestazione di violenza sessuale («per aver costretto la paziente a subire atti sessuali agendo in modo fulmineo e repentino») e di lesioni personali. «La condotta del medico - si legge nel capo di imputazione, - cagionava alla vittima pure uno stato d'ansia reattivo a stress emotivo giudicato guaribile in tre giorni».