LA RICOSTRUZIONE
Ostacoli che, a giudizio degli inquirenti, non potevano e non dovevano essere ignorati, come ribadito anche dai consulenti di parte ascoltati nel corso dell'udienza di giovedì scorso di fronte al giudice monocratico. Secondo la ricostruzione dei periti, infatti, a quell'ora il cordone ombelicale aveva già avvolto il collo in maniera decisiva. Ma l'ostetrica avrebbe «omesso di sorvegliare e segnalare - si legge nel capo di imputazione - elementi significativi di sofferenza ipossica fetale emergenti dal tracciato cardiotografico». Una crisi respiratoria che sarà letale per il piccolo che, dopo la nascita avvenuta intorno alla mezzanotte e mezza, morirà per «un'insufficienza cardiocircolatoria insorta terminalmente ad uno stato di severa ipossia intrauterina». Gabriele per la procura poteva essere salvato. Ma il ginecologo, entrato in sala parto intorno alla mezzanotte, invece di «valutare il rischio e di predisporre ed eseguire tempestivamente un intervento di parto cesareo», decise di espletare «un parto naturale con applicazione di vacuum exctractor per mancata progressione della parte presentata». In questo modo, però, «aggravando le conseguenze del giro serrato di funicolo intorno al collo e nodo vero di cordone, cagionavano la morte di Gabriele». Che, non appena nato, viene subito trasferito al reparto rianimazione dell'ospedale Bambino Gesù. Quando ormai non c'è più nulla da fare.
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