Mafia a Ostia, il pg: 200 anni al clan Fasciani

Mafia a Ostia, il pg: 200 anni al clan Fasciani
di Adelaide Pierucci
4 Minuti di Lettura
Giovedì 14 Gennaio 2016, 10:36 - Ultimo aggiornamento: 15 Gennaio, 08:23


A Ostia la mafia esiste, ed è divisa in più clan. E don Carmine Fasciani è il capo del gruppo più attivo e temuto. Ieri il procuratore generale Giancarlo Amato, nel processo d'appello al clan Fasciani, ha ribadito l'esistenza del gruppo mafioso radicato sul litorale e chiesto per 15 dei 18 imputati 211 anni di carcere.

«Questo antistato chiamato Mafia - ha detto il pg - ha condizionato per anni i cittadini e le attività del lungomare di Roma». La sentenza è attesa per la fine di gennaio. La pena più alta, 27 anni e nove mesi di reclusione per associazione mafiosa, è stata chiesta proprio per il “boss” Carmine Fasciani. Sono stati sollecitati 15 anni di carcere ciascuno, invece, per Vito e Vincenzo Triassi, i capi del clan rivale, assolti in primo grado,e accusati di essere delegati a Ostia della cosca siciliana dei Caruana-Cuntrera. «I Triassi comandavano a Ostia già negli anni '90», aveva rivelato nella sua deposizione nel processo di primo grado il super-pentito di Cosa Nostra Gaspare Spatuzza.
 
LE RICHIESTE
Ma l'elenco delle richieste di condanna è lungo. La procura generale della Corte d'appello ha chiesto una pesante condanna per l'intera famiglia Fasciani: sollecitati 25 anni per Sabrina, la primogenita di don Carmine, 11 per la sorella Azzurra, 16 anni e 9 mesi per la moglie Silvia Franca Bartoli, rispettivamente 11 anni e 8 anni e mezzo per il nipote Alessandro e per il fratello Terenzio.
Dopodiché sono seguite le richieste di pena per i presunti gregari Riccardo Sibio (25 anni e 3 mesi), John Gilberto Colabella (13 anni), Luciano Bitti (12 anni e 9 mesi), Gilberto Inno (5 anni e mezzo, assolto in primo grado), Mirko Mazzoni (10 anni), Danilo Anselmi (7 anni) ed Eugenio Ferramo (7 anni).

Richiesta l'assoluzione, invece, per Nazzareno Fasciani e Fabio Guarino. E il proscioglimento per prescrizione per Ennio Ciolli, un ristoratore indicato nella sentenza di primo grado come uno dei prestanome.

«Se è vero che ai Fasciani ci si rivolgeva per risolvere anche controversie, invece di rivolgersi alle forze di polizia, vuol dire che erano considerati più forti dello Stato» ha detto il pg nelle conclusioni della requisitoria. Dando vita così a una mafia che si è strutturata negli anni secondo l'elenco delle sentenze e degli episodi criminali che il procuratore generale ha raccontato in aula a partire dal 1998.

PREVARICAZIONE SISTEMATICA
«Si tratta di “nuova mafia” o “mafia autoctona”, strutturata su base locale a somiglianza degli storici modelli caratteristici delle regioni meridionali dell'Italia pur con le peculiarità e gli adattamenti del singolo caso specifico - ha detto il pg - Sarà dunque essenziale configurare l'esistenza del cosiddetto metodo mafioso, cioè della capacità di “metastatizzare” un territorio, sotto il profilo criminale, abbattendo i valori di legalità e creando un diffuso (anche se non assoluto) stato di prostrazione sociale, con la percezione della temibile efficienza del sodalizio che di tale metodo faccia uso attraverso l'esercizio della coazione e della prevaricazione».

Nelle mani del gruppo dei Fasciani, secondo l'accusa, in particolare, la gestione dell'usura, dell'estorsione, il controllo dei chioschi sul lungomare, gestiti attraverso complici e prestanome. L'altolà ai boss di Ostia arrivò con la retata scaturita nell'estate 2013 con l'operazione “Nuova Alba”, firmata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone. Cinquantuno gli arresti. Le indagini erano partite nel luglio 2012, dopo il posizionamento di una molotov in uno stabilimento balneare. Da qui le indagini collegarono una serie di attentati e di estorsioni legate dallo stesso filo.

UNA GRANA PER IL CLAN SPADA
Intanto ieri è arrivata una grana giudiziaria anche per un altro gruppo di Ostia, quello degli Spada.

Ottavio Spada, rampollo della famiglia e nipote del presunto boss Romoletto, detenuto per estorsione con l'aggravante del metodo mafioso, è stato rinviato a giudizio per un tentato duplice omicidio che risale alla notte del 16 luglio 2013. Gli altri quattro coimputati, tra cui Romoletto Spada e Nando Di Silvio, invece, sono finiti a giudizio per rissa aggravata. Si erano fronteggiati a colpi di pistola e coltello davanti a una bisca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA