Mafia Capitale, Odevaine e la “scuola” di fatture false

Mafia Capitale, Odevaine e la “scuola” di fatture false
di Sara Menafra
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Mercoledì 24 Dicembre 2014, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 14:18

Come giustificare i soldi in nero che entrano costantemente nelle sue cooperative, come fabbricare le fatture false e a chi rivolgersi. L'ex rappresentante del Tavolo nazionale sui rifugiati, Luca Odevaine, era molto preciso nelle indicazioni che dava alla segretaria.

Nelle intercettazioni depositate ieri nel corso dell'udienza davanti al tribunale del Riesame nei confronti suoi e di altri sei, si dilunga in dettagli: «Abitus fa un lavoro per X, lascia perde che è fittizio, fa un lavoro e questo signore e quindi gli fa una fattura», comincia. E aggiunge: «Quando chi ci deve pagare ci dà 20.000 in contanti noi glieli diamo a questo signor X il quale ci paga la fattura, ci paga la fattura coi soldi nostri però, aspetta, questo signore deve essere mirato cioè deve avere bisogno di soldi in contanti e avere sul suo conto, invece, soldi della sua società per pagarci la fattura». Il rischio è che ti scoprano e ti accusino, dice inavvertitamente, di mafia: «Infatti questa fattura che abbiamo incassato adesso, l'abbiamo fatta a Eriches perché a loro gli fanno comodo, perché un po' di personale lo pagano a nero e... prima era più facile avere i contanti, oggi per avere i contanti o c'hai un benzinaio o un'edicola o... oppure sei un mafioso». Per giustificare ingressi di denaro sempre crescenti, Odevaine ipotizza di coinvolgere «amici fidati» a cominciare dal costruttore Pulcini: «Che ne so si può chiedere a Marco Lucchesi, per esempio se a lui gli fanno comodo solo in contanti, gliel' ho già chiesto, lui m'ha detto di sì a Giacomo Giacomo Spaino... peraltro, io glielo posso chiedere, ovviamente, a Pulcini, oltretutto Pulcini è un cliente di Monte dei Paschi, uno dei clienti più importanti della Monte dei Paschi».

LA PALETTA DELLA POLIZIA

La procura ha depositato anche un decreto di perquisizione e sequestro, sempre contro Luca Odevaine, firmato dal procuratore Giuseppe Pignatone in persona.

Nel lungo elenco di documenti dedicati ai centri di accoglienza per i rifugiati che, secondo le accuse, cercava di affidare alle coop di Mafia Capitale, spunta un piccolo abuso che probabilmente l'ex capo della Polizia provinciale di Roma ancora si concedeva: sul cruscotto della sua Renault Megane i militari del Ros hanno trovato anche una ”paletta” in dotazione alla sua ex polizia. Sebbene si fosse dimesso due anni fa, il dirigente pubblico ha tenuto per se uno di quei ricordi di poco valore ma che possono tornare utili nell'attraversare il traffico cittadino.

IL PALAZZO AL COLOSSEO

Nell'elenco del materiale sequestrato e depositato ieri mattina, ci sono anche alcuni documenti ancora da ”decifrare”. Nell'abitazione di Giovanni Campennì, considerato l'uomo mandato a Roma dalla ndrina calabrese dei Mancuso per curare i rapporti con Carminati e Salvatore Buzzi, ad esemio, i carabinieri del Ros hanno trovato una vecchia lettera, datata 2012: «Amico mio, è un palazzo intero che stanno vendendo vicino al Colosseo dove abita il nostro amico che cura la vendita», dice il testo firmato da ”Salvatore, ma senza ulteriori specifiche.

CARCERE DURO

Ieri sera, il ministro della giustizia Andrea Orlando ha firmato il decreto che dispone il carcere duro per Massimo Carminati. Una scelta amministrativa ma anche un segnale di fiducia alla procura di Roma che ieri ha concluso la discussione delle posizioni di tutti gli arrestati davanti al Riesame. Oltre ad Odevaine, si parlava anche dell'ex amministratore delegato di Ama Franco Panzironi. Nessuno dei due era presente in aula e i loro legali hanno respinto le accuse e chiesto la liberazione di tutti. I giudici potrebbero decidere nelle prossime ore.