Marmista picchiato: «Non sono pentito di avere denunciato i Casamonica, lo rifarei»

Marmista picchiato: «Non sono pentito di avere denunciato i Casamonica, lo rifarei»
di Marco Carta
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Giovedì 10 Maggio 2018, 09:34
«Non sono pentito di avere denunciato i Casamonica. Lo rifarei cento volte». Si era rifiutato di consegnare 10 capitelli in marmo senza essere pagato. E i membri del clan lo avevano picchiato selvaggiamente in più occasioni. Era il febbraio 2010 quando il marmista iraniano Mehdi Dehnavi denunciò Guido Casamonica (poi condannato a 5 anni e 6 mesi) e altri esponenti vicini alla famiglia sinti che, nonostante le tante inchieste giudiziarie e gli arresti, continua a dettare legge. Anche servendosi di intimidazioni di stampo mafioso, come accaduto al Roxy Bar. «Ho visto le immagini di quello che è successo alla Romanina - racconta Dehnavi, difeso nei diversi gradi di giudizio dall'avvocato Giovanni Ferrari - E penso sia positivo che i titolari del bar abbiano avuto il coraggio di denunciare. Significa che le cose stanno cambiando».



Molti però continuano ad avere paura.
«Dopo quello che mi è successo tante persone si sono confidate con me. Spesso sono commercianti o imprenditori che mi hanno raccontato di aver subito prepotenze da loro, cene o lavori non pagati e di non aver denunciato per paura di conseguenze. Ma è sbagliato. Bisogna denunciare sempre, è l'unica soluzione».

Temono ritorsioni, non crede?
«È umano avere paura, però è proprio questa paura la loro forza. Ti dicono Noi siamo i Casamonica e cercano di incutere terrore per ottenere quello che vogliono. Quando capiscono che una persona non ha paura, denuncia, si rivolge alle forze dell'ordine e magari si espone pubblicamente, loro perdono potere e iniziano ad avere paura a loro volta. Non bisogna mai arrendersi alla loro prepotenza. E quando si presentano come la nota famiglia Casamonica, magari gli andrebbe risposto: Casache?».

Come è cambiata la sua vita?
«È cambiata, ma in meglio. Giro ancora con la Panda bianca, anche se ora ho il modello nuovo. Mi sono spostato, non ho più il laboratorio in via Rocca Cencia, dove fui aggredito, ma continuo a lavorare nella stessa zona, sempre nel settore dei marmi. Faccio la stessa vita. Tutti sanno chi sono. Passo davanti alle loro case, nei loro quartieri, ma non mi faccio condizionare».

Ha mai ricevuto minacce in questi anni?
«Spesso mi arrivano messaggi e avvertimenti da persone che circolano nella loro rete: mi dicono ma che fai ancora qui? Meglio per te che te ne vai, dopo quello che hai fatto. Ma io mi faccio una risata e li ignoro. Vivo qui, ho un'attività, dei clienti. Perché me ne dovrei andare? Per aver fatto il mio dovere di cittadino? Anche 8 anni fa, due giorni dopo la prima denuncia contro Guido Casamonica, vennero due persone armate a chiedermi di ritirare la querela. Ma io non l'ho fatto».

Quindi non è pentito?
«Assolutamente no. Se tu non hai paura, loro scappano. A Roma si dice che se ne vanno con la coda fra le gambe. Se si subisce un sopruso bisogna rivolgersi alle forze dell'ordine. Solo così si può riconquistare la propria libertà. Non si tratta di essere eroi. Ogni volta che cade l'omertà intorno ai Casamonica, loro diventano più deboli».
 
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