Roma, firme false del regista Lizzani per ottenere finanziamenti: così i produttori truffarono il Ministero

Roma, firme false del regista Lizzani per ottenere finanziamenti: così i produttori truffarono il Ministero
di Adelaide Pierucci
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Domenica 23 Ottobre 2016, 09:54 - Ultimo aggiornamento: 10:00
Sessanta corti di autore sui grandi monumenti nazionali. Un progetto televisivo da realizzare sotto la supervisione del grande regista del cinema italiano Carlo Lizzani. Sono le credenziali della truffa che, secondo la procura, avrebbero organizzato i titolari della Felix Film per spuntare nel 2013 un finanziamento di 600mila euro dal ministero dei Beni Culturali. Tutto all'insaputa del cineasta, morto suicida a 91 anni proprio quell'anno.

LA DENUNCIA
Un raggiro denunciato da Francesco Lizzani a tutela del padre uomo di specchiata moralità, che appena ha scelto di tagliare con la vita lanciandosi dalla finestra di casa, in via dei Gracchi, a Prati, aveva raccolto il saluto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, suo amico. Ora gli autori del raggiro sono stati rinviati a giudizio dal tribunale di Roma dopo la scoperta che la firma di Lizzani, apposta sui documenti, era falsa e i corti, realizzati solo in minima parte, pellicole semi amatoriali. Ottenuti i finanziamenti complessivi (prima tranche 100 mila e poi 500 mila euro) le sorelle romane Laura e Silvia Pettini, appoggiate da Diego D'Innocenzo, avrebbero realizzato solo un prologo di sette minuti e quattro corti «privi di pregio artistico», secondo una perizia disposta dalla procura. Il processo inizierà il 31 gennaio del 2018 e vedrà sul banco degli imputati i tre produttori (le prime titolari della Felix Film e l'altro legale rappresentante della Terra Srl) e come parti lese il figlio del cineasta e la Arcus, la società in house del Ministero che ha finanziato il progetto in odore di truffa.

LA CONSULENZA
I produttori cinematografici, secondo la ricostruzione del pm Giorgio Orano, avrebbero utilizzato la firma falsa di Carlo Lizzani in veste di presidente dell'associazione Esperia per chiedere e ottenere il finanziamento del grandioso progetto televisivo che si sarebbe dovuto realizzare sotto la regia del regista e che poi si è rivelato un flop. L'artista ricostruisce il capo di imputazione - era all'oscuro di come le sorelle (di cui una socia della associazione Esperia) appoggiate dal produttore avessero sfruttato, secondo l'accusa, il suo nome per ingannare la Arcus, pronta a versare anche oltre un milione di euro. Dalle consulenze della procura, è emersa, poi, una sproporzione tra i bassi investimenti fatti dagli indagati e gli alti finanziamenti ricevuti dalla Felix. Il progetto era stato presentato nel 2009 e prevedeva per i sessanta documentari una spesa di sette milioni e mezzo, con la previsione di un minimo apporto dei privati, pari al dieci per cento. E poi ripresentato in forma ridimensionata con venti corti l'anno successivo. Per ottenere la prima parte del finanziamento alla Esperia i produttori avrebbero presentato la certificazione di spese gonfiate sulla base della prima firma apocrifa.
In realtà l'Esperia ha agito solo utilizzando le somme pervenute dalla Arcus spa, per seicentomila euro appunto. Si è accertato poi che parte delle somme erogate dalla Arcus alla associazione Esperia, poi transitata sui conti correnti della Felix Film sono state usate dalle due sorelle per scopi personali. Lizzani, regista ma anche sceneggiatore, è ricordato in particolare per i film Cronache di poveri amanti tratto dal libro di Pratolini, Il processo di Verona, Banditi a Milano, Mussolini ultimo atto, Storie di vita e malavita, Fontamara e Mamma Ebe. Un uomo sempre lontano da ombre.