Massimo Ghini ricorda Lizzani:
«Un grande uomo, un artista vero»

Massimo Ghini
di Marica Stocchi
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Sabato 5 Ottobre 2013, 22:09 - Ultimo aggiornamento: 22:10
Massimo Ghini , come molti suoi colleghi, profondamente scioccato dalla notizia della morte di Carlo Lizzani, lanciatosi ieri dal balcone dell’appartamento in cui viveva, nel quartiere Prati di Roma. L’attore, con il nodo in gola e la voce a tratti rotta dalla commozione, ricorda il maestro Lizzani, con cui ha lavorato nel 1986 in Un’isola e nel 1996 in Celluloide, e l’amico Carlo, di cui conosceva i tormenti, ma anche la vitalità.



«La notizia mi ha atterrito. Ho fatto fatica a crederci. Speravo si trattasse di un crudele scherzo. Ho fatto il possibile per convincermi che non fosse vero...».



Per lei è la perdita di un maestro e di un caro amico.

«È terribile. Al di là del fortissimo dolore personale, l’idea della drammatica affinità con la morte di Monicelli di tre anni fa mi sconcerta. Due grandi, grandissimi maestri che scompaiono in questo modo... È lacerante».



Lei aveva notizia della sua forte depressione?

«Sì. Sapevo dei problemi familiari che lo affliggevano, sapevo che si trovava in uno stato di profondo malessere, ma ancora non riesco a credere... Era un uomo così vitale. Quando qualcuno viene a mancare, se ne tessono sempre le lodi. Per Carlo, davvero e profondamente, non possono che esserci parole di affetto, stima, riconoscimento del suo grande valore come artista e come uomo».



Come racconterebbe l’uomo?

«Gentilissimo, simpaticissimo, sempre disponibile, ironico, allegro. Con quella sua aria romana un po' sorniona in un corpo così poco romano. Quasi un padre per me. E poi un amico. Uno di quei rari amici con cui si poteva parlare di tutto in modo amabile. Un maestro di vita, di storia, di morale, di politica, di tante tante cose... Mi ha diretto in Un’isola, uno dei miei primi film da protagonista assoluto, e poi ha voluto che interpretassi Roberto Rossellini in Celluloide (film che raccontava la realizzazione di Roma città aperta, n.d..r). Ricordo di aver sentito l’enorme responsabilità del ruolo immediatamente, come mi è capitato di rado. Ero in un cast importantissimo, a raccontare una parte di storia che era anche di Carlo».



E l'artista?

«Un artista completo: un intellettuale, un uomo di spettacolo, un regista, un uomo di cultura e politicamente impegnato. Un gigante del nostro cinema, un esponente di spicco della cultura di questo Paese. Pochi giorni fa guardavo il suo documentario Viaggio in oriente, un’opera meno nota dei suoi film, eppure così straordinariamente intelligente, moderna. Era un gigante, ripeto. Un artista moderno e immenso. Ha saputo affrontare con quella stessa elegante intelligenza tutti i generi: dal dramma al western, dalla commedia - e che commedie! - al giallo. È una perdita colossale, grave, dolorosissima».



Un’immagine per ricordarlo?

«Ricordo il fotogramma a colori di un combat film (filmati realizzati dai cineoperatori dell’esercito durante le operazioni militari, n.d.r.) del 1944, che abbiamo ritrovato recentemente. Scoprimmo la sua immagine tra la folla: se ne stava lì a guardare sfilare le truppe americane tra Piazza Venezia e Via del Corso. Giovanissimo, alto ed emaciato, elegante e intelligente: inconfondibile Carlo. Già allora era come è sempre stato».
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