Roma, maxi-alveare nell'Ambasciata di Germania presso la Santa Sede. «È stato rimosso e le api messe in salvo»

​I favi avevano raggiunto le dimensioni di 30/ 35 cm ad un'altezza di quattro metri e mezzo e per rimuoverlo è stato necessario il montaggio di un ponteggio

L'alveare rimosso dall'Ambasciata di Germania presso la Santa Sede di Roma
di Alessia Perreca
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Giovedì 25 Maggio 2023, 17:16 - Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 18:01

Avevano trovato un “rifugio” sicuro ed insolito, le api rimosse nella giornata di ieri al termine di un lavoro lungo e meticoloso. L’alveare è stato trovato sulla facciata esterna della residenza dell‘Ambasciata di Germania presso la Santa Sede di Roma. “Un mese e mezzo fa è stato il nostro maggiordomo, Andreas Walpen, a rendersi conto di un grappolo di api lungo la parete, ma erano andate via dopo qualche giorno”, racconta al Messaggero Sabrina Canulla, dipendente dell’Ambasciata tedesca. “A distanza di venti giorni, però, si notava un viavai continuo di api che entravano ed uscivano dal muro”.

Nella Capitale sono frequenti i casi di rimozioni di nidi di insetti.

L’ultimo alveare è stato rimosso poche settimane fa nel centro della città, in via del Carso, dove avevano trovato dimora un gruppetto di vespe. “Pensavamo che il problema fosse comune e le api prima o poi sarebbero andate via. Successivamente, grazie al prezioso consiglio di un apicoltore ci siamo informati, abbiamo segnalato la situazione ad un numero verde e ci hanno consigliato di togliere quel nido in tempi brevi”.

Leggenda vuole che “dove c’è uno sciame di api si è baciati da Dio”, ma in questo caso - come in altri - era necessario rimuoverle altrimenti - nell’arco di pochi giorni - sarebbero certamente raddoppiate e diventate un pericolo. “Attraverso alcune ricerche - aggiunge Sabrina - scopro che l’Ambasciata Inglese ha da tempo delle arnie presenti all’interno della loro residenza e ne parlo al nostro consigliere ecclesiastico e responsabile stampa Monsignor. Oliver Lahl. Insieme ci mettiamo in contatto con l’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede di Roma e apprendiamo che posseggono altri alveari curati da un giardiniere apicoltore. Da qui l’idea di uno scambio diplomatico con la Francia".

 

L’intento è quello di trasformare quella a tutti gli effetti è stata una emergenza - seppur risolta in tempi brevi - in una opportunità: salvare le api e consegnarle ai colleghi francesi. “Un desiderio fortemente espresso e voluto dal nostro Ambasciatore di Germania presso la Santa Sede, S.E. Dr. Bernhard Kotsch. Il nome della nuova famiglia di api sará "Apis Annalena", in onore del Ministro degli Affari Esteri della Germania e la consegna ufficiale sará prevista nei prossimi giorni  - conclude Sabrina - e speriamo che l’episodio possa essere d’esempio per tutti. E proprio grazie all’Ambasciata di Francia siamo riusciti ad avere il contatto dell’esperto zoofilo, Andrea Lunerti, intervenuto per rimuovere il nido di api e mettere in sicurezza la nostra sede".

È stata un’operazione complicatissima - ha spiegato al Messaggero Andrea Lunerti - perché avevano nidificato all’interno dell’intercapedine, molto ben costruita. “I favi avevano raggiunto le dimensioni di 30/ 35 cm ad un'altezza di quattro metri e mezzo e per rimuovere il nido è stato necessario il montaggio di un ponteggio. Siamo intervenuti due volte: la prima - purtroppo - a favore delle api perché non siamo riusciti a trovarle nella parte sopra. La seconda, abbiamo fatto una serie di ricerche mediante l’utilizzo di un demolitore elettrico di precisione - facendo attenzione a non fare del male alle api - e abbiamo trovato i favi e le colonie”. “Con lo strumento aspiratore - ha aggiunto Lunerti - le ho aspirate tutte, le ho recuperate con successo e le ho portate da me, al Rifugio del Lupo, per farle riprendere vigore”. 

 

Come avviene il procedimento?

“Io procedo con l’aspirazione delle api attraverso questo speciale strumento che ho costruito", ha sottolineato l'esperto. "Si tratta del terzo prototipo con una percentuale di mortalità irrilevante: muoiono 10 api su 18mila solamente durante il trasporto. È fatto con una rete speciale che ammortizza le api quando entrano, ne rallenta l’ingresso e le preserva totalmente. Successivamente si procede alla rimozione dei favi e si ricollocano all’interno di un’arnia speciale dove vi sono altri favi costruiti con cera d’ape e servono per ristabilire la famiglia. Aggiungiamo, poi, altre api provenienti da altre famiglie per rinfoltire le operaie perché alcune vanno perdute. Ne rimettiamo un pò di più per dare la possibilità alla famiglia di essere più forte.” “La famiglia rimossa presso l’Ambasciata di Germania presso la Santa Sede è in ottime condizioni e ora iniziano la costruzione di altri favi e la Regina deposita le uova”. 

“Sono uno dei pochi che svolge questo tipo di attività perché non è considerata apicoltura. Io mi definiscono un raccoglitore di api. Le vado a recuperare nei luoghi antropizzati. Nell’apicoltura non è una pratica contemplata perché le api messe in un apiario possano avere malattie. Noi procediamo con sistemi naturali per depurarle, pulirle eventualmente di rimuovere parassiti. E provvediamo alla loro quarantena. Con questo tipo di sistema abbiamo superato i 10milioni di api salvate. Ovvero: quando le api entrano in strutture umane molto complesse è difficilissimo estrarle vive e preservare la famiglia. Negli ultimi 15 anni ho studiato il modo per poter recuperare le famiglie che vanno a costruire nidi all’interno di intercapedini. E ci sono riuscito".

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