Roma, spaccio tra Torpignattara e Pigneto: così i pusher usavano nomi in codice

Fermati in 15: sono cittadini italiani, bengalesi, romeni e tunisini

Beccate Associazioni criminali di Spaccio in zona Torpignattara e Pigneto.
di Carmela De Rose
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Mercoledì 12 Aprile 2023, 16:19 - Ultimo aggiornamento: 16:21

Lo spaccio, gli arresti, i codici. Roma, prime luci dell’Alba. I Carabinieri della Compagnia Roma Centro aiutati da altri militari del Gruppo Carabinieri di Roma e supportati dal Nucleo Carabinieri Cinofili di “Santa Maria di Galeria”, hanno iniziato l’esecuzione di una ordinanza che dispone misure legali e cautelari nei confronti di 15 persone: cittadini italiani, bengalesi, romeni e tunisini (emanando 12 custodie cautelari in carcere e 3 agli arresti domiciliari). Le indagini preliminari sono state emesse dal Giudice del Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per contrastare le diverse associazioni criminali finalizzate al traffico illecito di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana e produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (artt. 73 – 74 del D.P.R. 309/1990). L’ordinanza del Gip ha accolto le richieste avanzate dalla Procura della Repubblica di Roma DDA nell’ambito dell’indagine convenzionalmente denominata “Cnosso”.

Gli accertamenti effettuati dai Carabinieri hanno altresì permesso di arrestare altri cittadini italiani, non appartenenti alla predetta associazione, ma comunque operanti in ulteriori due piazze di spaccio ubicate in via Rovetti e nel limitrofo quartiere del Pigneto, ritenuti responsabili di illecite cessioni delle medesime tipologie di stupefacenti, peraltro molto richieste in un contesto densamente popolato come quello dei quartieri Pigneto e Torpignattara, da sempre protagonisti della “movida romana” e di una massiccia presenza di studenti universitari.

Tutti gli affiliati, in caso di arresto, ricevevano assistenza dal sodalizio, che provvedeva alla loro tutela legale, economica e logistica.

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Uno dei principali indicatori per comprendere il livello di organizzazione ed efficienza raggiunto dal sodalizio per eludere i controlli delle forze dell’ordine era l’impiego di telefoni, convenzionalmente denominati “citofoni”, adoperati esclusivamente per comunicazioni sui luoghi d’appuntamento e per la tipologia e quantità di sostanza stupefacente richiesta, attraverso l’utilizzo di un apposito linguaggio in codice: così, con il nome “Bruno” ci si riferiva in realtà all’hashish, con “Maria”, “Mary”, “Verde” o “M” alla marijuana, mentre con “Lei”, “Ina” o “Cristiano” veniva indicata la cocaina.

Con il termine “Un biglietto intero”, poi, in base alla tipologia di droga richiesta dall’acquirente, venivano indicate le dosi da consegnare, mentre con “Chiavi della bicicletta” i membri del sodalizio comunicavano tra loro riferendosi alle chiavi dei depositi dove lo stupefacente veniva di volta in volta custodito.

Sono stati inoltre raccolti gravi elementi indiziari in ordine al fatto che a rifornire la piazza di spaccio, completando di fatto la struttura delinquenziale piramidale, vi era un ventinovenne romano in qualità di “fornitore ufficiale”, che a sua volta si approvvigionava da un grossista di origini pakistane, con contatti nel quartiere di Primavalle.

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A riscontro dell’attività, nel corso dell’indagine sono state già arrestate 22 persone in flagranza di reato, 5 denunciate in stato di libertà e 5 segnalate al Prefetto quali assuntori di stupefacenti. Sono stati inoltre sequestrati complessivamente circa kg. 12,5 di hashish, kg. 6,3 di marijuana, gr. 170 di cocaina e 2.460,00 € in contanti.

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