Roma, scoppia la grana debito e si apre il caso in Parlamento

Roma, scoppia la grana debito e si apre il caso in Parlamento
di Andrea Bassi e Simone Canettieri
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Venerdì 19 Febbraio 2016, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 15:06

ROMA Il dossier sul debito pregresso di Roma è ufficialmente sul tavolo del governo. La lettera, rivelata ieri dal Messaggero, indirizzata dal neo commissario Silvia Scozzese al suo predecessore, Massimo Varazzani, è stata mandata per conoscenza anche al Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, e al segretario generale di Palazzo Chigi, Paolo Aquilanti.

La Scozzese sarà convocata dalla Commissione bilancio della Camera per essere ascoltata, prima ancora della scadenza di aprile, entro la quale dovrà presentare il suo primo rapporto al Parlamento. Dunque la questione del debito di Roma è, di nuovo, una questione nazionale. Il macigno che ancora grava sui conti pubblici e sulle spalle dei cittadini della Capitale è enorme. Si tratta di 13,6 miliardi di euro, quanto rimane di un debito originario che era stato quantificato in 22,4 miliardi. Per comprendere quello che potrebbe accadere, bisogna prima capire quello che fino ad oggi è successo. I 22,4 miliardi rappresentano il passivo contratto fino al 2008 dal Comune di Roma.
 
Essendo stato considerato insostenibile per le casse del Campidoglio, è stato trasferito ad una sorta di «bad bank», la gestione commissariale appunto. Questo debito viene ripagato con un finanziamento di 500 milioni l'anno. Trecento milioni li paga il Tesoro, quindi tutti i cittadini italiani. Altri 200 milioni li pagano i romani con un'addizionale Irpef dello 0,4%. Il predecessore della Scozzese, Varazzani, ha ridotto il debito scontando con le banche e la Cdp il contributo annuale di 500 milioni. In pratica ha girato la rata alle banche per i prossimi 30 anni (per un valore cumulato di 15 miliardi), ottenendo in cambio subito 9 miliardi. Per i prossimi 30 anni, dunque, romani e cittadini italiani saranno obbligati a continuare a pagare i 500 milioni.

E i 13,6 miliardi residui? Per chiudere definitivamente la partita del debito pregresso, il piano di Varazzani prevedeva che se ne facesse carico il Tesoro. Dei 13,6 miliardi che restano da saldare, infatti, i debiti finanziari, ossia i mutui, sono 10,3 miliardi, mentre altri 3,1 miliardi sono debiti non finanziari. Nei 10,3 miliardi, però, sono conteggiati anche gli interessi per i prossimi trent'anni, mentre la quota capitale è di “soli” 5,8 miliardi. Soldi che il Tesoro potrebbe semplicemente annegare nel mare magnum del suo debito, chiudendo la gestione commissariale. Tecnicamente fattibile, politicamente complicato.

LA SCELTA
I piani della Scozzese, invece, seguirebbero una via diversa. L'idea sarebbe quella di superare la gestione commissariale, chiudendola, riportando quindi la pertinenza del debito residuo all'interno del Comune e affidandola ad una struttura ad hoc. In questo modo, sarebbe la tesi, ci sarebbe una maggiore flessibilità nella gestione del debito e, probabilmente, anche maggiori spazi di bilancio. Superare i meccanismi molto rigidi della gestione commissariale, permetterebbe anche, probabilmente, un utilizzo più flessibile dei 6 miliardi che tra cassa e linee di credito, il commissario ha a disposizione. In molti, in questi anni, hanno puntato il dito contro la super-addizionale Irpef pagata dai romani a causa del debito pregresso.

L'idea sarebbe quella di trovare un modo per ridurla. In realtà margini ci sarebbero. La stessa norma che aveva istituito il tributo aggiuntivo dello 0,4%, dava la possibilità alle amministrazioni di trovare altri modi per pagare il vecchio debito: vendere partecipate, tagliare stipendi, razionalizzare. Una strada finora mai battuta. E comunque nulla impedisce al Comune di ridurre la quota di Irpef di sua competenza, ossia il restante 0,5% dello 0,9% oggi pagato dai romani. Il caso è pronto ad approdare alla Camera. Il deputato Pd Fabio Melilli ha chiesto al presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia l'audizione della Scozzese. «Serve un approfondimento e una conoscenza dello stato del debito in questi 8 anni. Parliamo di 500 milioni - dice Melilli - che i romani e gli italiani versano ogni anno per ripianare il debito della Capitale».

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