Colomban: «L’Atac va rifondata
il 10% del personale è di troppo»

Colomban: «L’Atac va rifondata il 10% del personale è di troppo»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 3 Settembre 2017, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 08:22

«In Atac il numero dei dipendenti è superiore di almeno il 10-15 per cento, se si tiene conto della produttività, rispetto ad aziende analoghe di altre città italiane». 
Massimo Colomban alla fine del mese svuoterà i cassetti del suo ufficio di assessore alle Partecipate di Roma Capitale. Lo aveva detto prima dell’estate al Messaggero: consegno il piano sulla ristrutturazione delle aziende del Comune, poi lascio. Il suo addio non avrà né l’esplosiva valenza delle dimissioni di Marcello Minenna un anno fa (primo settembre 2016) da assessore al Bilancio che interruppero la luna di miele di Virginia Raggi con la città; né rappresenterà una frattura interna al Movimento 5 Stelle romano come quella causata dalla recente cacciata di un altro assessore al Bilancio, Andrea Mazzillo. Una curiosità: Mazzillo e Colomban furono nominati insieme il 30 settembre 2016, il primo è stato scaricato dalla Raggi anche per avere criticato la presenza di troppi non romani, «pendolari» della macchina amministrativa: c’è l’aveva proprio con Colomban. Tuttavia, il ritorno in Veneto dell’imprenditore trevigiano paracadutato a Roma, per volontà di Casaleggio, per affiancare la Raggi nell’operazione di salvataggio della disastrata galassia delle municipalizzate, rappresenta un altro passaggio delicato. Basti ricordare che il nuovo numero uno di Atac, Paolo Simioni, ex ad della società di gestione degli aeroporti di Venezia e Treviso, è stato chiamato a Roma proprio da Colomban per scrivere il piano sulla riorganizzazione della partecipate.

Assessore Colomban, prima di tutto, com’è la situazione?
«Noi siamo guerrieri, non esiste il piangersi addosso, le cose vanno sempre a seconda di come uno vuole prepararsele. Ma mi pare che a Roma il materiale per scrivere non vi manchi, ve ne danno ogni minuto, no? Non c’è molto da aggiungere».

Lei prima dell’estate rilasciò una intervista al Messaggero in cui annunciò: a settembre me ne vado. E’ ancora valido quel proposito?
«Certo, io il 30 settembre mi dimetto».

Dunque, ha già scelto una data.
«Diciamo che io presto presenterò il piano di riorganizzazione delle società partecipate di Roma Capitale. Sarete tutti invitati ad esaminarlo. Sarà il completamento del lavoro che ho svolto. Anche se sia chiaro: completamento non è la parola esatta, non è che si ristrutturano trenta aziende partecipate, con tutti i problemi che ci sono, in un anno».

Quanto tempo servirà?
«Io lo dissi quasi subito, ci vorranno tra i tre e i cinque anni per migliorare la situazione. Ammesso che ci siano le condizioni per farlo. E devo dire che le condizioni ancora non si sono realizzate».

Come mai?
«Roma è penalizzata da un rapporto tra introiti e cose da gestire, che è di tre volte più oneroso rispetto a Milano. In altri termini servirebbe il triplo delle risorse».

Quindi non hanno tutti i torti i romani quando dicono che un problema di risorse riservate alla Capitale esiste?
«No, non hanno torto, io l’ho detto anche in altre occasioni».

E perché non si fa nulla per risolvere questo problema?
«Purtroppo è impopolare una proposta di governo che dica o che proponga: “incrementiamo le risorse o dotiamo Roma di un plafond annuale simile a quello di tutte le capitali del mondo”. Una iniziativa di questo tipo sarebbe molto impopolare, non c’è niente da fare. Chiunque lo proponesse, si sentirebbe rispondere: Roma fino a ieri ha sprecato denaro e ora vogliamo darle più risorse? Questo è un po’ il messaggio che è passato in questi trenta-quarant’anni».

Beh, la colpa è anche un po’ di voi veneti, avete sempre espresso giudizi non proprio comprensivi nei confronti di Roma.
«Vero, diciamo che forse al nord a volte si sono espressi giudizi un po’ superficiali, anziché analizzare i problemi. Bisognerebbe sempre fare un’analisi, prima di spendere giudizi».

Ma è vero che qualche mese fa lei disse che in Atac è necessario tagliare l’organico di 800-1.000 unità?
«No, questa è una balla. Ho detto altro: se valutiamo la quantità di personale rispetto a quello che si produce nelle aziende municipalizzate di Roma, ci accorgiamo che il numero dei dipendenti è troppo alto di almeno il 10-15 per cento. Sostanzialmente: o questi producono di più, puliscono meglio la città, danno un servizio dei trasporti migliore, o non si va lontano. Devono rendersi conto che non possono stare sulle spalle degli italiani, chiedere una dotazione superiore per la Capitale, se poi i lavoratori delle aziende della Capitale non dimostrano di essere almeno alla pari di quelli di altre città».

In sintesi: è vero che Roma dovrebbe ricevere una dotazione di risorse economiche superiore in quanto Capitale, ma è altrettanto vero che nelle aziende di Roma Capitale deve aumentare la produttività.
«Esattamente. Aiutati che Dio ti aiuta».

In Atac ora che è stato avviato il percorso del concordato preventivo in continuità si aspetta una ondata di scioperi?
«Sbaglierebbero, devono prima dimostrare di fare il proprio dovere. Gli scioperi si fanno se servono a qualcosa, non per fare demagogia. Non mi faccia aggiungere altro perché è già abbastanza quello che ho detto».
 

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