L’INCHIESTA
L’inchiesta della Procura reatina, condotta a partire dal 2013 dalla Guardia di finanza, aveva delineato profili di responsabilità (induzione indebita da parte di incaricato di pubblico servizio) nei confronti del dipendente Asl che, secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, dietro l’ottenimento di somme di denaro, rendeva più rapido l’espletamento delle pratiche e delle certificazioni necessarie per il rilascio delle salme. A testimoniarlo il filmato del telefono cellulare in cui l’uomo avrebbe indotto il titolare dell’agenzia di onoranze funebri a fargli una mancia da 50 euro incappando quest’ultimo, inconsapevolmente, nella medesima fattispecie di reato. Filmato la cui acquisizione quale documento probatorio appare quantomeno controversa tanto da essere sempre stata considerata illegittima dalla difesa poiché priva delle previste autorizzazioni di legge. Per il collegio giudicante non fu però una semplice mancia di cortesia per la gentilezza nell’espletamento del lavoro - come sostenuto da difesa e imputato - ma una somma di denaro illecitamente intascata per agevolare le pratiche di rilascio. Il tecnico venne trovato in possesso di contanti (6.400 euro) poi sequestrati dai militari poiché ritenuti provento di illeciti introiti mentre per la difesa la cifra era destinata ad un pagamento privato. Pronto ora il ricorso in appello dopo la lettura delle motivazioni della sentenza. Appello che potrebbe modificare l’iter processuale qualora quella ripresa con il cellulare venisse considerata illegittima, priva di valore in giudizio.
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