Esattamente come duemila anni fa quando i discepoli restarono muti di fronte alle calunnie e alla falsa testimonianza subite da Gesù, «sperimentando in modo drammatico la loro incapacità di rischiare e di parlare in favore del Maestro; di più, rinnegandolo, o nascondendosi o tacendo» allo stesso modo il discepolo di oggi, ha denunciato il Papa, «tace davanti a una realtà che gli si impone facendogli sentire e, ciò che è peggio, credere che non si può fare nulla per vincere tante ingiustizie che vivono nella loro carne tanti nostri fratelli». Immigrati, disoccupati, emarginati, barboni, ammalati.
Nel corso della celebrazione sono previsti i sacramenti dell'iniziazione cristiana (battesimo, cresima e prima comunione) a otto adulti provenienti da: Albania, Italia, Nigeria, Perù e Stati Uniti d'America, la maggior parte dei quali convertiti. Uno di loro è un immigrato africano che ha sventato una rapina, aiutando ad acciuffare il rapinatore. «E' in mezzo ai nostri silenzi, quando tacciamo in modo così schiacciante, che le pietre cominciano a gridare». La luce delle fiammelle nella basilica lasciano anche spazio a parole di incoraggiamento a cambiare vita, ad avere più coraggio, «a spendere la nostra vita e la nostra energia, intelligenza, affetti e volontà nel ricercare e specialmente nel generare cammini di dignità».
Cosa significa allora celebrare la Pasqua? Papa Francesco si risponde: «Significa credere nuovamente che Dio irrompe e non cessa di irrompere nelle nostre storie, sfidando i nostri determinismi uniformanti e paralizzanti. Celebrare la Pasqua significa lasciare che Gesù vinca quell’atteggiamento pusillanime che tante volte ci assedia e cerca di seppellire ogni tipo di speranza».
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