Papa Francesco, da “Appartamento pontificio” a “Zaccheo”, ecco l'alfabeto del pontefice

Papa Francesco legge Il Messaggero in aereo
di Franca Giansoldati
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Giovedì 12 Marzo 2015, 17:03 - Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 12:12

Città del Vaticano - L’Alfabeto della rivoluzione lenta di Papa Bergoglio inizia dall’A di appartamento pontificio e si conclude alla Z di Zaccheo, uno dei personaggi evangelici più citati nella predicazione di Francesco.

Gesù quando arriva vicino ad un albero sul quale si era rifugiato quest’uomo respinto da tutti, lo interpella per nome: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (Lc 19,5). Nonostante fosse povero, emarginato, alquanto insignificante viene chiamato e ricordato. Gesù si rivolgeva a lui e solo a lui. In questi due anni di pontificato la Chiesa di Bergoglio è popolata di tanti, tantissimi Zaccheo. Ognuno di loro declina un passaggio importante nella svolta che questo pontificato sta portando, ribaltando la percezione comune di una Chiesa distante, poco dialogante con il mondo circostante.

A come appartamento. Bergoglio due anni fa rifiutò di andare ad abitare nel Palazzo Apostolico, lo giudicò troppo spazioso e signorile. “Ci potrebbero vivere 30 famiglie. Io resto a Santa Marta”. Non ci fu verso di convincerlo.

B come Bertone. L’ex Segretario di Stato responsabile di diversi garbugli finanziari è stato mandato in pensione, sostituito in tutti gli incarichi, compreso quello di Camerlengo (la scorsa settimana). Il Papa gli ha consentito di mantenere un grande appartamento, ricavato accorpando ben due abitazioni.

C come cartoneros. Gli amici poveri che sopravvivono raccogliendo cartone e vendendolo per pochi pesos a Buenos Aires continuano ad avere con il Papa contatti telefonici.

D come denaro. “Sterco del demonio”.

E come edonismo. Ci sono coppie che rinunciano ad avere figli, pensando che è meglio godersi la vita senza figli. “Cani e gatti sembrano più comodi da amare”.

F come fotografie. Il selfie entra nella storia del pontificato.

Bergoglio non si sottrae mai alle richieste dando origine ad una lunga fila di scatti gioiosi assieme a suore, bambini, studenti, vescovi, sacerdoti, giornalisti.

G come Guardie Svizzere. Lo proteggono a Santa Marta e il Papa, in segno di riconoscenza, li ama come figli. Stringe loro la mano quando li vede (rompendo il protocollo), chiede se sono stanchi e hanno bisogno di aiuto.

H come Hoelderlin. Il suo poeta preferito: «Amo le sue poesie».

I come Italia. Argentino convinto ma orgoglioso delle proprie radici. “Mio padre era di Portacomaro (Asti) e mia madre di Buenos Aires, con sangue piemontese e genovese».

L come laici. E’ sempre stato contrario alla clericalizzazione. “E’ un problema. I preti clericalizzano i laici e i laici finiscono per essere clericalizzati. Una complicità peccatrice”.

M come mensa. Nessun posto d’onore nel residence di Santa Marta. Un tavolo come gli altri, la fila alle macchinette per il caffè e per le pietanze. Non manca mai di ringraziare le cuoche in cucina.

N come Napoli. La sua prossima visita pastorale sarà a Pompei e a Napoli, sabato 21 marzo. Ha chiesto di incontrare poveri e carcerati, ma non i politici. L’ingresso a Napoli avverrà da Scampia.

O come omosessuali. “Chi sono io per giudicare un gay?” Quello di Francesco è un atteggiamento pastorale inclusivo che, tuttavia, non significa alcun avallo alle unioni tra persone dello stesso sesso.

P come protezione. I problemi con la scorta sono iniziati da subito. “Io su quella auto di lusso non ci salgo”. “La papamobile non la uso”. “Posso benissimo fare a meno di tutte queste guardie”. Anche se con il capo della Gendarmeria ha un buon rapporto e hanno trovato il modo di proteggerlo senza limitarlo nei movimenti.

Q come quadro. «Il mio quadro preferito? La Crocefissione Bianca di Chagall».

R come Ratzinger. Una volta Bergoglio ha detto che averlo in Vaticano è una cosa bella, come avere un “nonno saggio” al quale affidarsi in tanti momenti. Tra lui e il suo predecessore si è instaurato un rapporto intenso e fraterno. Nessuna ombra, nessun dualismo, come qualcuno aveva temuto all’inizio.

S come sinodalità. Ovvero un rapporto che va dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso, una condivisione tra vescovi e cardinali, tra cardinali e il Papa, tra centro e periferia. Non proprio democrazia ma qualcosa di meno autocratico.

T come telefonate. Il giorno dopo l’elezione in un pontificio consiglio arrivò una telefonata che prese un usciere. “Pronto chi parla?”. “Sono Papa Francesco, posso parlare con il cardinale?” Un attimo di silenzio. “Se lei è il Papa io sono il presidente della Repubblica”. Click. Il Papa si fece una risata e poi richiamò. L’aneddoto fece subito il giro dei palazzi e da allora tutti sanno che quando squilla il fisso può essere il Papa a chiamare.

U come uomini e donne. “Un mondo che emargina le donne è un mondo più sterile”.

V come vestiti. Non siamo ancora al grunge, l’abbigliamento della classe operaia, ma sicuramente lo stile ecclesiastico imposto da Bergoglio alla curia è privo di insegne, orpelli, ori e argenti. Niente gioielli, gemelli ai polsi, orologi de luxe, e sotto il clergyman è sparito il cachemire.

Z come Zaccheo. Che si tratti di persone lontane dalla Chiesa, di «irregolari», di semplici peccatori, il Papa argentino sogna una Chiesa accogliente, con lo sguardo tenero rivolto ai molti Zaccheo che popolano il pianeta.

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