Il piano di Renzi per il nuovo Pd: vice unico, commissario al Sud, nuova segreteria. E basta con Verdini `

Il piano di Renzi per il nuovo Pd: vice unico, commissario al Sud, nuova segreteria. E basta con Verdini `
di Nino Bertoloni Meli
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Mercoledì 8 Giugno 2016, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 19:31

ROMA - «Ci vorrebbe un Saviano per il Sud». Il suggerimento, meglio la suggestione, circola ai piani alti del Nazareno, e in chi l'ha ascoltata ha suscitato notevole interesse. Da quando Matteo Renzi ha pubblicamente denunciato il disastro del Pd napoletano, annunciando a breve la nomina dell'ennesimo commissario straordinario, più d'uno nel partito ha cominciato a interrogarsi sul nome, sul chi, sulla figura da inviare sotto il Vesuvio. «Ma non può essere un'operazione burocratica, il classico inviato da Roma che al massimo mette ordine tra ras e potentati locali, dev'essere una scelta dirompente, nuova, una svolta, e deve riguardare tutto il Mezzogiorno», i primi giudizi nei conversari. «Perché il Pd non comincia a dialogare con Saviano?», è rimbalzato sull'Unità, «un'operazione alla Pasolini con il Pci», memori del confronto-scontro tra l'autore di Petrolio e i comunisti. L'autore di Gomorra che si impegna per il Pd e con il Pd? E' un film tutto da vedere, e da girare, al momento rimane una suggestione, l'ipotesi principe resta la ricerca di «un Saviano». Ma chissà.Napoli e il Sud sono il primo tassello di quella rivoluzione organizzativa che Renzi intende promuovere. Alla rottamazione seguirà la ricostruzione. «Anche perché, se non fa così, Matteo è finito», il consiglio a fin di bene di Enrico Rossi, governatore toscano. E proprio in questo contesto Renzi e i vertici democrat stanno valutando di frenare sull'alleanza con Ala di Denis verdini. Se il segretario, lunedì, ha detto che «laddove si è cercato di fare alleanze mi pare che non abbiano funzionato minimamente» (leggi Napoli e Cosenza), ieri la vice Debora Serracchiani ha ribadito: «Non ha funzionato costruire il Pd con alleanze diverse e ne abbiamo preso atto».Se ne parlerà subito dopo i ballottaggi, in vista dei quali ieri al Nazareno Roberto Giachetti si è incontrato con commissario, sub commissari e strateghi elettorali per cercare di capovolgere la situazione al secondo turno, «finora sono stato calmo e tranquillo, ma ora farò il Giachetti», la promessa-programma di Bobo, «non possiamo consegnare la Capitale all'inesperienza e all'inadeguatezza, a chi sa solo speculare sui nostri errori».

 

LA RIVOLUZIONE
La rivoluzione organizzativa renziana passa anche per lo scioglimento dell'annosa questione del doppio incarico tra leader di partito e premier. Come? Gira l'ipotesi che va sotto il nome di schema Craxi-Martelli: quando il primo approdò a palazzo Chigi, il secondo divenne vice segretario unico con delega totale al partito. Renzi rimarrebbe dunque il leader, ma per la gestione del Pd 24 ore su 24 verrebbe designato un altro. L'ipotesi più gettonata è quella di Lorenzo Guerini, attuale vice segretario, presente agli incontri con Berlusconi al Nazareno, gradito a tutte le componenti, uomo di mediazione ma anche di decisioni quando occorre, renziano della prima ora.
 

Guerini fra l'altro ha appena concluso con buon successo l'operazione tesseramento al Pd: gli iscritti per il 2015 ammontano a 395 mila 320, ai quali vanno aggiunti i 29 mila dei Giovani democratici e ai quali andranno aggiunti i 4-5 mila iscritti di Caserta in attesa di vidimazione. Il Pd si attesta dunque su oltre 400 mila iscritti. Il vice unico con delega al partito dovrebbe anche piacere alla minoranza interna, che un giorno sì e l'altro pure chiede di sdoppiare gli incarichi «perché altrimenti il partito non viene seguito, non funziona e deperisce».Il doppio incarico è nello statuto del Pd non per un capriccio o per bramosia di potere, ma come parte fondante del partito, per evitare le guerre tra segretario che scalpita per sostituire l'eventuale premier di turno, e per rimarcare che il partito manda a palazzo Chigi la sua massima figura, non uno scelto col bilancino interno, frutto di mediazioni tra correnti e capicorrente e quindi loro ostaggio. La rivoluzione renziana si completerà con il varo di una nuova segreteria tutta politica: non più responsabili di settore (giustizia, welfare, scuola) ultronei rispetto ai ministri del ramo, ma dirigenti politici a tutto tondo, che si riuniscono per fare il punto, discutere le strategie, impostare campagne. Uno schema alla D'Alema, che ai suoi tempi fece una segreteria di questo tipo, con dentro gli ex Fgci che erano stati con lui nel settore giovanile, tipo Folena e Dominici, predecessore di Renzi come sindaco di Firenze. Veltroni ai Ds optò per la segreteria di settore, scegliendo all'organizzazione un esterno come Franco Passuello, che proveniva dalle Acli. Nella nuova segreteria politica renziana, i due capigruppo Zanda e Rosato entreranno di diritto, e si fanno anche i nomi di Lotti, Serracchiani, Boschi, Gentiloni, Orlando, e ovviamente Guerini.