Sala e il caso Consob/I neo lumbard che vogliono scippare Roma

di Mario Ajello
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Giovedì 25 Gennaio 2018, 00:05
Oggi a chi tocca trasferirsi a Milano? Ah, tocca alla Consob. L’altro giorno il candidato governatore del Pd per la Lombardia, Giorgio Gori, ha detto che Roma non merita l’Istituto per il Commercio estero e starebbe meglio ai piedi del Duomo o magari a San Siro. Il sindaco milanese Sala ora non solo spalleggia il compagno di partito in questa richiesta ma grida: «Più uno!». Anche la Consob, siccome «la Borsa è a Milano», dovrebbe preparare il trasloco.

Madunina uber alles! Ma se è vero che la Consob deve stare dove ha sede la Borsa, allora bisognerebbe portarla un po’ più su di Milano, farle oltrepassare la Manica e depositarla fuori dall’Unione Europea. Visto che Piazza Affari si trova a Milano ma non dipende da Milano, ed è semplicemente una filiale di proprietà della Borsa di Londra. Che la controlla e ne decide i gestori. Più Tamigi che Naviglio per la Consob, se proprio bisogna stare al ragionamento di Sala. Se invece lo si vuole respingere, come sarebbe giusto essendo bislacco, bisogna notare che il revanscismo anti-romano di cui sono preda i milanesi del Pd sembra - tanto per cominciare - una sorta di ripicca perché la Capitale lombarda non è riuscita ad aggiudicarsi mesi fa l’Agenzia europea del farmaco, una gara vinta da Amsterdam, e le colpe di questo smacco chissà perché vengono scaricate sull’Urbe. La quale ha fatto di tutto, a livello di governo centrale, per aiutare Milano in quella partita. 

A Sala andrebbe ricordata una serie di cose. Per esempio che Milano non è il cuore di tutto, visto che le società quotate in Piazza Affari sono disseminate sull’intero territorio nazionale. E i grandi gruppi - come Eni, Enel, Terna - hanno sede a Roma o nel caso di Telecom a Torino, anche se la sindaca Appendino, con tutti i guai che ha, ancora non ha lanciato l’idea del tandem o del ticket Museo Egizio-Consob. Ma c’è un particolare in più. E’ che Sala sembra rimasto fermo nel tempo. Pensa che Piazza Affari si muova ancora con le grida degli operatori e degli agenti di cambio. Da molti anni, invece, tutto si svolge on line e tutto avviene molto lontano. E questo è uno dei motivi per cui la Consob fatica più di un tempo a individuare le violazioni di mercato. 

L’assurdo proclama di trasloco di Sala sembra figlio di un senso di inferiorità, capovolto nel suo opposto, da parte di Milano nei confronti di Roma. Ma tradisce anche un politicismo che una cultura riformista, com’è quella di certa sinistra lombarda evidentemente minoritaria, non dovrebbe avere. C’è un tentativo dei democrat di sostituirsi, nel padanismo e nel nordismo, alla Lega che ora con Salvini vorrebbe uscire dal recinto lumbard e rappresentare anche il resto d’Italia.

Ofelè fa el to mesté, dicono a Milano (pasticciere fai il tuo mestiere). Il proprio mestiere la Consob può benissimo continuare a svolgerlo dove lo ha sempre fatto. E tutto il resto è propaganda.
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