Italicum, il braccio di ferro nella seduta-fiume della Consulta poi l'altolà: niente diktat alle Camere

Italicum, il braccio di ferro nella seduta-fiume della Consulta poi l'altolà: niente diktat alle Camere
di Sara Menafra
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Giovedì 26 Gennaio 2017, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 08:49
I tempi della decisione sono stati più lunghi di ogni previsione, a riprova che il confronto tra i giudici delle leggi su un tema tanto delicato quanto l'Italicum è stato vivace. Ma alla fine, anche se solo le motivazioni della sentenza chiariranno definitivamente ogni aspetto, è il fronte di coloro che chiedevano una sentenza minimale ad aver avuto la meglio.

SCONTRO SULL'OMOGENEITA'
Le ultime ore di discussione tra la tarda mattinata e il primo pomeriggio di ieri, quando la dead line delle 13.30 era stata ampiamente superata e c'era chi temeva che la camera di consiglio potesse addirittura essere rimandata alla giornata di oggi, sono passate nello scontro tra coloro che volevano che nel comunicato stampa poi diffuso ci fosse un esplicito appello alle Camere a rendere omogenee le due leggi elettorali emerse dalle ultime due sentenze (questa e quella sul Porcellum), e chi chiedeva il contrario. Visto che la sentenza arriverà tra parecchi giorni, quel comunicato, come accade spesso, ha funziona da pre-sentenza obbligando i giudici a scontrarsi sulle parole e non solo sui principi. Alla fine, ha vinto il secondo partito, anche se è ancora possibile che un'indicazione sia stata inserita nella sentenza che sarà pubblicata tra due settimane. Anzi, l'ultima frase del comunicato, per quanto ovvia, è la riprova della prevalenza di questa corrente liberale tra i giudici. Ripetere che «all'esisto della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione» serve a far sapere che la Corte ha tutto sommato deciso di dar retta a coloro - fra tutti soprattutto il professor Augusto Barbera - che ritengono che il ruolo dei giudici delle leggi debba essere poco interventista. E che debba essere il parlamento a decidere come orientarsi. Una linea che ha convinto il cosiddetto partito dei tecnici, ovvero i giudici che per cursus honorum erano meno propensi ad intervenire nel merito del testo.

IL TEMA DEL SORTEGGIO
Dopo un primo voto generale sui ricorsi, accolti, e un lungo procedimento di votazioni punto per punto che guideranno il relatore Nicolò Zanon nella stesura delle motivazioni, e che ha cancellato senza ostacolo il ballottaggio mantenendo invece il premio di maggioranza e le pluricandidature, la decisione più complessa è stata quella di cancellare per i capilista la possibilità di scegliere il collegio in cui farsi eleggere. Qui, formalmente, il presidente Paolo Grossi e l'ex ministro Giuliano Amato hanno ceduto il passo, anche se dal punto di vista sostanziale la sentenza apre comunque la strada all'intervento delle Camere. Se anche si volessero lasciare in piedi due sistemi elettorali fortemente disomogenei, sembra difficile che i partiti che si preparano alle elezioni possano accettare che sia il sorteggio a decidere dove far proclamare chi vince in più collegi. Dovranno dunque scegliere: o evitare le doppie candidature, o modificare la legge elettorale. Rinviando, ancora, il ritorno alle urne.