Il caso sofferenze/La Vigilanza Bce salva le banche, non le imprese

di Osvaldo De Paolini
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Venerdì 16 Marzo 2018, 00:05
L’impatto sulle banche dell’Addendum Bce, il documento che elenca le aspettative della Vigilanza sulla svalutazione delle sofferenze, sarà «modesto e gestibile», ha precisato Sharon Donnery, vice governatore della Banca d’Irlanda. Una dichiarazione rassicurante, se si considerano i timori della vigilia. E tuttavia, poiché la Donnery guida la task force Bce sugli Npl, la sua valutazione è sembrata più ispirata al ruolo che una constatazione realistica.

Invece, per una volta la valutazione era oggettiva: non a caso il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, ha subito parlato di vittoria della politica sulla burocrazia. Effettivamente, del capitolo più temuto dalle banche italiane, che probabilmente avrebbe messo in ginocchio il 70% del sistema, non vi è traccia nell’Addendum Bce : le nuove regole per lo smaltimento degli Npl non riguardano cioè lo stock, vale a dire le sofferenze che attualmente figurano nei bilanci delle aziende di credito, ma solo quelle che si formeranno a partire dall’aprile di quest’anno. Di ciò fa bene a compiacersi Tajani, perché è grazie allo stop preventivo imposto dall’Europarlamento se la Bce non ha affondato la lama: un’ipotesi che pure era nell’aria, se è vero che per prima Bankitalia aveva espresso severe riserve all’interno del board della Vigilanza. 

<HS9>E dunque, se le banche italiane tirano un sospiro di sollievo per avere scampato la brace, non si può non stigmatizzare la pervicacia con la quale Francoforte ha voluto intervenire su una materia già adeguatamente disciplinata dal massimo organo politico europeo, dimostrando peraltro di avere una visione esasperatamente rigoristica dell’attività bancaria, dove contano anzitutto il capitale e il patrimonio e non invece la funzione di idraulica propria del credito nell’ambito di un moderno sistema economico.

<HS9>Se però le banche possono parzialmente rilassarsi, da oggi per le piccole e medie aziende si apre un fronte di difficoltà nuove che certo non aiuteranno la loro crescita. Il fatto che l’Addendum colpisca non solo le sofferenze relative ai futuri prestiti, ma anche quelle che dovessero diventare tali in relazione a prestiti già in essere, è elemento che genera incognite non da poco.

Per il futuro, infatti, onde evitare gli spigoli di una griglia di coperture troppo rigida, le banche avranno un forte incentivo a finanziare solo le aziende con alto merito di credito. Non a caso il governatore Ignazio Visco, nelle scorse settimane aveva messo in guardia da potenziali e negativi effetti prociclici procurati dalle nuove regole, con rischi di accentuazione delle normali fluttuazioni del ciclo economico. 

<HS9>Va detto che anche Bruxelles avrebbe potuto maggiormente valutare questo aspetto. Per esempio, nella versione del provvedimento licenziato mercoledì dalla Commissione Ue, un problema analogo e ugualmente pericoloso riguarda le cosiddette “inadempienze probabili” non garantite. In questo caso si tratta di esposizioni non ancora in sofferenza e che, nell’apprezzamento della banca, possono però tornare in bonis. Eppure dovranno essere comunque totalmente svalutate in due anni. Ciò significa che le banche, loro malgrado, saranno incentivate a portare l’impresa al default pur di recuperare il credito, piuttosto che rifinanziarla e quindi salvarla.

C’è però una questione che riguarda direttamente la politica italiana. Le nuove disposizioni della Bce, ma anche quelle del Parlamento europeo, colpiscono l’Italia in uno dei suoi nervi più scoperti: la lentezza dei tribunali. La farraginosità del nostro sistema giudiziario non penalizza l’Italia solo perché scoraggia le imprese estere a investire nel nostro Paese, ma anche perché rappresenta un costo enorme nei bilanci di quanti vantano crediti verso controparti riluttanti. E le banche in questo scenario sono in prima fila. Dunque, soprattutto ora che da Bruxelles e Francoforte chiedono tempi veloci per il recupero dei crediti in sofferenza, la politica ha una grande occasione per premere sui tribunali affinché i tempi delle sentenze rientrino con grande celerità nelle medie dei partner europei più virtuosi.

<HS9>Nei prossimi mesi avremo modo di misurare gli effetti delle nuove regole Ue e quanto avranno funzionato i limiti imposti dall’Europarlamento alla Bce. Resta aperto il capitolo della policy che ispira l’azione della Vigilanza Unica. E’ infatti netta la percezione che le varie iniziative assunte negli ultimi due anni dalla struttura guidata dalla signora Danièle Nouy, in specie relativamente alle banche italiane, siano finalizzate a tranquillizzare non già i risparmiatori e quanti hanno necessità di finanziamenti bancari, ma soprattutto il burocrate che siede a Francoforte.

Sia chiaro, una vigilanza efficiente è garanzia di buon funzionamento di un sistema bancario, ma poiché sino a questo momento gli interventi della Vigilanza Bce non solo non hanno impedito il verificarsi di alcuni problemi, ma addirittura li hanno aggravati generando in alcuni casi turbativa di mercato, è lecito interrogarsi su quanto il percorso ultrarigido sin qui seguito corrisponda alla mission affidata. Soprattutto mentre negli Stati Uniti si stanno gettando le basi per una nuova deregulation proprio nel settore delle banche.
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