Concorrenza, nuovo rinvio della legge. Sfida Renzi-Calenda: tensioni sul governo

Carlo Calenda
di Alberto Gentili
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Venerdì 23 Giugno 2017, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 24 Giugno, 08:20
Non c'è pace per governo e maggioranza. Dopo lo scontro su Consip e i distinguo sulla manovrina di bilancio targati Articolo 1-Mdp, ieri si è consumato uno nuovo strappo. Protagonista, questa volta, Matteo Renzi che ha imposto quattro correzioni al disegno di legge sulla concorrenza, rispedendola in Senato con i voti di Cinquestelle, Forza Italia, Lega ed Mdp. Contrari i deputati di Angelino Alfano.

Dietro la mossa del segretario del Pd, come affermano il capogruppo Ettore Rosato e il relatore Andrea Martella, c'è «la volontà di rimettere ordine, con modifiche precise e puntuali, nel settore del telemarketing, degli odontoiatri, delle utenze dell'energia e delle assicurazioni per danni». Ma anche l'intenzione di ritargare Pd un provvedimento portato avanti da Carlo Calenda (la paternità è di Federica Guida, suo predecessore). Renzi non gradisce infatti l'ipotesi di un'eventuale competizione alle prossime elezioni del ministro dello Sviluppo economico, che Alfano vorrebbe nel ruolo di federatore di un nuovo soggetto politico moderato di centro alternativo sia al centrodestra sia al centrosinistra. Da qui la zampata.

SCONCERTO NEL GOVERNO
Una decisione, quella di Renzi, che Paolo Gentiloni ha subìto: il premier avrebbe voluto porre la fiducia, rinviando le correzioni proposte dal Pd ad altri provvedimenti. E che Calenda non ha preso bene. Di buon mattino, prima che nella commissione Finanze della Camera venissero votate la quattro modifiche, il ministro aveva messo a verbale: «Questa legge è stata varata oltre 850 giorni fa e chiedo al Pd di ritirare gli emendamenti chiarificatori e non sostanziali, impegnandomi a risolvere la questione con altri provvedimenti. Spero che il Pd non si trasformi da partito che voleva rottamare le rendite e le caste in un partito che vuole rottamare la concorrenza. Sarebbe un'immagine pessima».

Parole al vento. Poco dopo pranzo la Commissione ha votato le modifiche con l'irrituale maggioranza Pd-M5S-Lega-Mdp-Forza Italia. A questo punto Calenda ha tirato fuori l'artiglieria: «Con tutto il dovuto rispetto per il Parlamento, la decisione di riaprire il disegno di legge sulla concorrenza a più di 850 giorni dalla sua presentazione da parte del governo Renzi è difficilmente comprensibile e rischia di trasmettere l'ennesimo segnale negativo a cittadini, imprese e istituzioni internazionali». Poi poco più tardi, intervenendo a un convegno: «Oggi non parlo di concorrenza, altrimenti mi deprimo».

Depressione e irritazione galoppante anche tra altri esponenti del governo. Ecco il sottosegretario allo Sviluppo Antonio Gentile: «Avevamo chiesto di ritirare gli emendamenti. In questo caso il meglio è nemico del bene, visto che la legge subirà un nuovo ritardo». Ed ecco il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova: «E' stato compiuto un errore, più che correzioni rischiamo un affossamento». Sulle barricate gli esponenti di Ap e centristi vari. «Il Pd è ormai all'opposizione rispetto alle posizioni del governo», ha affermato Andrea Mazziotti. E Sergio Pizzolante, parlando di «inciucio»: «Il Pd gioca più partite. Il Nazareno continua a vivere nei sotterranei di Roma».

«RIPARATO A ERRORI»
La replica dei dem, anche in vista del voto nell'aula della Camera in programma la prossima settimana, non si è fatta attendere. «Il Pd è a favore della concorrenza e delle liberalizzazioni», ha detto il presidente Matteo Orfini, «nell'ultimo passaggio al Senato segnalammo alcuni punti di merito che richiedevano modifiche, lo facemmo per evitare che il testo producesse - perché scritto male - uno svantaggio per i cittadini. Non fu possibile modificarlo perché il governo scelse una strada diversa. Nei mesi scorsi ho più volte chiesto al governo, a nome del Pd, che si trovasse una soluzione a quei problemi di merito. Non è stato possibile discuterne e oggi abbiamo sciolto quei nodi in Parlamento. Questa è la verità. Ora il testo tornerà in Senato e verrà approvato senza ulteriori ritardi».

Molto probabilmente la legge - dopo il via libera della Camera previsto la prossima settimana - verrà calendarizzata in Senato a metà luglio. E siccome palazzo Madama, per regolamento, dovrà esaminare solo i quattro articoli modificati, «è facile ottenerne l'approvazione in una giornata», garantiscono a palazzo Chigi. «Se serve si metterà la fiducia».
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