Berlusconi teme di restare isolato, Tajani per il rilancio: i nodi di Forza Italia

Berlusconi teme di restare isolato, Tajani per il rilancio: i nodi di Forza Italia
di Mario Ajello
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Mercoledì 4 Aprile 2018, 08:11
Un po' è rassicurato dalla nota del leader leghista in sua difesa («Nessun veto su Berlusconi») dalle bordate di Di Maio e un po' Berlusconi, da uomo di comunicazione, è convinto che la strategia della «demonizzazione» avviata dai 5 stelle diventerà il tormentone per tutta la fase (lunga) delle consultazioni e si augura che Salvini tenga duro: «Speriamo che Matteo non ceda neppure di un centimetro a questo sciacallaggio». Motivi per credere che il capo del Carroccio continui nella strenua difesa del Cavaliere e dell'unità del centrodestra Berlusconi ne ha: «Finora si è dimostrato leale». Ma sa anche, il leader di Forza Italia, che le urne anticipate - bestia nera del berlusconismo - potrebbero convenire a Salvini e diventare un asset comune con i 5 stelle. Ma soprattutto, a dividere sia pure non ufficialmente leghisti e forzisti è il fatto che, se non si trovano altre soluzioni ne frattempo, in prospettiva un governissimo non è escluso. E questa soluzione sarebbe perfetta per Silvio e per le sue aziende ma odiatissima («Un governo di tutti per non fare niente mi vedrà sempre contrario») dal segretario del Carroccio.

RIVALITA'
Insomma, l'affondo di Di Maio sta allarmando profondamente il centrodestra. E stato fatto apposta per riattizzare rivalità mai sopite tra Salvini e Berlusconi, i due hanno capito il gioco (molto scoperto) e sono decisi a reagire insieme. Ma diffidando un po' l'uno dell'altro. Silvio non sa quanto Matteo possa tenere nel muso duro contro il veto di Di Maio - e teme che l'alleato-rivale possa sfilargli un pezzo di partito e andare all'accordo con M5S senza di lui - e Salvini non si toglie dalla testa il sospetto che il forno Pd non piaccia soltanto a Giggino ma, per motivi diversi e secondo logiche diverse, anche a Berlusconi. Il quale è tornato a farsi consigliare da Gianni Letta e ha deciso di affidare il partito a Antonio Tajani, che ha ottimi rapporti con la Lega così come li ha con tutti. E tra questi tutti rientrano anche i democrat: da Gentiloni a Franceschini e agli altri, sempre più convinti che uno scongelamento del partito rispetto all'Aventino renziano sarebbe opportuno e nei molteplici giri delle consultazioni tanti giochi potrebbero aprirsi. Nei quali più Berlusconi che Salvini potrebbe trovarsi a proprio agio. E Tajani, secondo i forzisti, per la fase delle trattative a tutto campo, essendo un tessitore nato, è l'uomo giusto al posto giusto. Quale?
«A me nessuno mi ha detto nulla», si schermisce come suo solito il presidente del Parlamento Europeo. Ma lui sa bene quanto Forza Italia, anche per resistere all'Opa leghista non dichiarata ma in corso, abbia bisogno di essere ristrutturata e rilanciata. Oggi all'ora di pranzo si dovrebbe insomma sciogliere il nodo della vicepresidenza di Forza Italia da affidare a Tajani. Che diventerebbe così il vero numero due del partito, un regista insieme al Cavaliere. A Palazzo Grazioli, oltre a Tajani, ci saranno Letta, Ghedini, le due capogruppo Bernini e Gelmini. Se si decide la vicepresidenza per Tajani - il quale da fondatore e anima di Forza Italia non si è mai sottratto quando Berlusconi ha avuto bisogno di lui: basti pensare al coinvolgimento come possibile candidato premier nella fase finale dell'ultima campagna elettorale - non è affatto detto che il numero uno di Strasburgo partecipi domani alle consultazioni nella delegazione di Forza Italia. Anzi, proprio la sua veste istituzionale europea rende improbabilissima la sua presenza sul Colle insieme a Berlusconi, Bernini e Gelmini.

IRA
Resta però il fatto che il coinvolgimento di Tajani nel partito - in un quadro però assai mosso, dove niente può essere dato per scontato - è un segnale forte che Berlusconi lancia a tutti. E che il Cavaliere riassume così con i suoi: «Non accetteremo di essere trattati come una forza di serie B». L'ira forte è comunque quella contro Di Maio. Berlusconi aveva cominciato vagamente ad apprezzarlo nella partita sulla presidenza del Senato, ma ieri Giggino è tornato ad essere «un ragazzino incompetente». E ancora: «Di Maio chiede al centrodestra di liberarsi di me e al Pd di liberarsi di Renzi, così lui può divertirsi a fingersi statista. Ma la politica non è un giochetto per bambini». Ma un esercizio maledettamente serio, in cui bisogna temere non solo i nemici.
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