Gheddafi alla Libia: resto fino alla morte
Accuse a Usa e Italia. Sospeso flusso gas

Gheddafi nel suo intervento tv
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Martedì 22 Febbraio 2011, 09:24 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 00:04
ROMA - Mentre, continua la violenta repressione in Libia, con nuovi attacchi aerei su Tripoli, Gheddafi comparso in tv nel pomeriggio per fare un lungo, minaccioso discorso, nel quale ha assicurato che rester fino alla morte. Un discorso gonfio di retorica, nel quale accusa tutto e tutti, parlando bene solo e unicamente di se stesso e dei suoi sostenitori. I consueti occhiali fumè, turbante color cammello e casacca con mantella sulla spalla, Gheddafi ha parlato, in piedi, gesticolando, con toni accalorati da guerriero beduino, dalla propria abitazione nel centro di Tripoli che fu bombardata da aerei Usa nel 1986 e poi trasformata in un una sorta di monumento nazionale. Una sua figlia adottiva morì nel bombardamento.



«Non siamo ancora ricorsi alla forza ma lo faremo - ha minacciato Gheddafi - Ora c'è una relativa calma e sicurezza nel Paese. E vogliamo usare questa calma per riportare l'ordine.«La pena di morte è prevista per chiunque facilita l'ingresso del nemico in Libia. Quel che sta avvenendo rischia di portare alla guerra civile. Vi invito ad uscire domani in strada nel paese per manifestare in favore dei successi da noi ottenuti in questi anni. Uscite dalle voste case, scendete in strada per difendere i risultati che abbiamo ottenuto». Il leader libico ha detto nel suo discorso che domani saranno formati nuovi comitati rivoluzionari e nuove municipalità.



Gheddafi ha minacciato di «ripulire la Libia casa per casa» se le proteste continueranno. Gheddafi ha inoltre minacciato i «ribelli» di dar loro una risposta «simile a Tiananmen (in Cina) e Falluja (in Iraq)».



Gheddafi: resterò fino alla morte. «Io sono un rivoluzionario. Ho portato la vittoria in passato di questa vittoria si è potuto godere per generazioni -ha detto il leader libico - Resterò a capo della rivoluzione fino alla morte. Non sono un presidente e non posso dimettermi. Sono il leader della rivoluzione e lo sarò fino all'eternità, sono un combattente, un mujihid. Gheddafi resisterà: libertà, vittoria, rivoluzione! Io morirò come un martire, come mio nonno. Rimarrò qui nella mia casa che è stata obiettivo dei raid aerei americani, non sono un presidente o una persona normale che può essere uccisa con il veleno. Abbiamo sfidato l'arroganza dell'America e della Gran Bretagna e non ci siamo arresi».



«Tutto il mondo ci guarda con rispetto e con timore grazie a me, compresa l'Italia - ha continuato Gheddafi - Ci siamo fatti rispettare da tutti, quando sono andato in Italia hanno salutato con rispetto il figlio di Omar Mukhtar. Sono i servizi segreti stranieri a complottare contro di noi, i media arabi danno una falsa immagine del nostro paese. Sono la gloria non solo del popolo libico, ma di tutte le nazioni».



Accuse a Usa e Italia. Gheddafi ha accusato Usa e Italia di avere «distribuito ai ragazzi a Bengasi» razzi rpg. Accuse anche ai paesi arabi: «Servizi di sicurezza traditori arabi, fratelli, vi hanno ingannato e tradito e stanno danneggiando la vostra immagine».



I manifestanti sono «ratti pagati dai servizi segreti stranieri - ha detto sprezzante Gheddafi - Sono una vergogna per le loro famiglie e le loro tribù. Un minuscolo gruppo giovani drogati ha attaccato le sedi della polizia e dell'esercito. Giovani venduti, scarafaggi nascosti in alcune città, che agiscono solo per emulare quello che è successo in Tunisia ed Egitto. Riportate a casa i vostri figli, sottraeteli alle mani dei rivoltosi. I vostri giovani sono morti, i loro sono ancora vivi. Ho lasciato il potere nel 1975 e non ho voluto incarichi, io non sono il presidente ma il capo della rivoluzione e lo sarò per sempre. Ora tutto è in mano al popolo attraverso i comitati popolari. Ho lasciato tutto, anche i soldi del petrolio, è tutto in mano ai comitati popolari. Abbiamo combattuto gli americani, i francesi, Sadat e sono ancora qui». Rivolgendosi alla gente di Bengasi ha urlato: «Dove eravate voi quando abbiamo combattuto le nostre battaglie contro gli stranieri?».



Gheddafi aveva fatto stanotte un'apparizione lampo - appena 22 secondi - sulla tv libica, la prima a una settimana dallo scoppio della rivolta contro il suo potere, per annunciare di persona di trovarsi nella capitale e non in Venezuela, e confutare quelle che ha definito «malevole insinuazioni» dei media occidentali. Gheddafi è stato inquadrato mentre stava per salire su un fuoristrada nella sua residenza di Bab Al Azizia, a Tripoli. «Vado ad incontrare i giovani nella piazza Verde. È giusto che vada per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela: non credete a quelle televisioni che dipendono da cani randagi». Suo figlio Seif al Islam l'altra notte aveva parlato in diretta per 45 minuti, promettendo riforme, denunciando un complotto internazionale contro la Libia e ammonendo che il regime intende resistere «fino all'ultimo uomo e all'ultima donna».



Soldati libici sono stati dispiegati in «gran numero» a Sabrata, a ovest di Tripoli, dopo che dimostranti hanno distrutto edifici governativi. Lo scrive nella versione onliane il giornale libico Qurina, di proprietà del figlio di Gheddafi, Seif Al-islam. Situata a circa 80 chilometri a ovest della capitale, Sabrata è un sito turistico molto famoso per le sue rovine romane. Secondo il Qurina, i dimostranti a Sabrata hanno dato alle fiamme uffici e sedi della sicurezza, delle inchieste criminali e dei comitati rivoluzionari. Inoltre hanno distrutto tutti i ritratti del leader Muammar Gheddafi.



Testimoni: «Mille morti». Secondo il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che è in costante contatto con alcuni testimoni in Libia, sono oltre mille i morti a Tripoli durante i bombardamenti sulla folla. La Corte penale internazionale afferma che in Libia circa 600 persone sono morte negli ultimi cinque giorni di disordini e che il tribunale con sede all'Aja «sta cercando prove per processare il presidente libico Muammar Gheddafi». Lo ha riferito al Arabiya. Secondo la ong Human Right Watch, sulla base delle informazioni fornite da fonti ospedaliere, è di almeno 62 morti il bilancio delle vittime della repressione lanciata da domenica su Tripoli.



«Manca l'energia elettrica e i medicinali negli ospedali», ha riferito ancora Aodi, che ha rivolto un appello al governo italiano affinchè si mobiliti «per un aiuto economico e con l'invio di medicinali in Libia. Il governo non rimanga in coma, sordo e cieco, alla rivoluzione che è in atto in queste ore».



Cadaveri carbonizzati e resti di corpi umani «appartenenti alle vittime» dei bombardamenti compiuti contro i civili a Bengasi sono stati mostrati oggi da al Jazeera. L'emittente ha trasmesso le crude immagini «riprese stamattina tramite telefoni cellulari». Sempre al Jazeera ha mostrato altre immagini, «riprese nell'ospedale centrale della capitale, dei civili uccisi nelle ultime 24 ore a Tripoli da colpi di arma da fuoco sparati da mercenari».



Gli abitanti di Bengasi hanno preso il controllo della città. Lo riferisce un medico locale, Ahmad Bin Tahir, citato dalla Bbc, secondo cui si sono formati comitati di cittadini che controllano la città, seconda per grandezza dopo Tripoli. «Qui non c'è più la presenza dello Stato - ha detto Bin Tahir - Non c'è polizia, non c'è esercito, non ci sono figure pubbliche». Quello che invece governa a Bengasi è «il popolo, che si è organizzato per riportare l'ordine in città. Sono stati formati comitati per governare la città».



Interrotte le forniture di gas per l'Italia. La fornitura di gas attraverso il gasdotto Greenstream è sospesa. Lo comunica l'Eni, precisando di essere in grado di far fronte alla domanda di gas dei propri clienti. La Libia fornisce circa il 10% del fabbisogno italiano di gas. La decisione di chiudere temporaneamente Greenstream, che collega l'Italia ai giacimenti della Libia, sarebbe stata decisa dall'Eni già nella tarda serata di ieri, quando, dalla centrale di pompaggio di Mellitha è iniziata la graduale riduzione della quantità di metano da inviare alla stazione di ricevimento di Gela. Motivi precauzionali, legati alla sicurezza degli impianti, avrebbero indotto i dirigenti a interrompere la produzione e la spedizione del gas. Buona parte del personale indigeno di Mellitha, infatti, non si sarebbe presentato al lavoro, preferendo raggiungere i connazionali in rivolta. Restano in servizio in Africa alcuni dipendenti italiani.

Alle 16 di oggi, dalla Libia arrivavano ancora 300 metri cubi all'ora di metano, a fronte dei 1200/ora erogati in condizioni normali, cioè a una pressione d'esercizio di 100 kg. In realtà era la condotta che si stava depressurizzando, perchè dalla sponda africana non arrivava più gas. Alle 17 anche Gela ha chiuso le valvole, lasciando la linea «imbottigliata», in condizioni di sicurezza, ma pronta a ripartire in qualsiasi momento. Il gasdotto «Greenstream», della lunghezza di 520 km, immette nella rete di distribuzione dell'Eni otto miliardi di metri cubi all'anno di metano. Solo una minima parte però viene utilizzata in Italia. Oltre l'80% è destinato ai paesi europei (soprattutto Francia e Olanda).



La sospensione dell'invio di gas dalla Libia non porterà problemi all'Italia «per molti mesi da adesso, poi arriva il periodo estivo e si abbassano i consumi, quindi siamo moderatamente tranquilli», ha detto un portavoce dell'Eni a Sky Tg24. Il portavoce ha spiegato che non è possibile al momento prevedere quando riprenderà il flusso, perchè dipende dall'evolversi della situazione in Libia: «Finchè la produzione è sospesa - ha sottolineato - non possiamo inviare il gas in Italia. Tuttavia possiamo approvvigionarci con il gas russo, quello algerino e quello norvegese, quindi possiamo far fronte alla domanda con tranquillità per molti mesi perchè di gas ce n'è tanto e in questo momento» non è necessario ricorrere alle riserve». L'Eni smentisce quindi «categoricamente» quanto affermato nel pomeriggio da alcuni clienti (Edison, ndr), secondo cui la stessa Eni non sarebbe in grado di assicurare il flusso richiesto. Quanto a eventuali boicottaggi alle strutture Eni da parte degli insorti, ha concluso, «al momento non se ne ha notizia».



Il Comitato emergenza gas è stato convocato per domani mattina per analizzare la situazione in seguito alla sospensione della fornitura dal Greenstream. La riunione è in programma per le 11,30. Del comitato fanno parte rappresentanti del ministero, dell'Autorità per l'energia e il gas e degli operatori (Snam Rete Gas, S.G.I., Stogit, Edison Stoccaggio e la divisione trasporto della stessa società, Terna, Gnl Italia e Adriatic Lng).



È stato intanto interrotto il funzionamento dei terminali petroliferi libici sul Mediterraneo. Lo riferisce al Arabiya con una scritta in sovrimpressione. Sono state poi sospese le attività nei principali porti mercantili libici. Lo riferiscono fonti di società marittime che operano nel Paese, precisando che si tratta in particolare dei porti di Tripoli, Bengasi e Misurata.



Ue sospende accordo quadro con la Libia, Italia e Malta contro sanzioni. L'Unione europea ha deciso di sospendere l'accordo quadro che sta negoziando con la Libia, ha detto al Cairo l'Alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton. «Deploro la perdita di vite umane e condanno tutte le azioni di violenza. Sospenderemo l'accordo quadro che stiamo negoziando». Intanto i paesi Ue discutono la possibilità di sanzioni contro il regime libico, ma un accordo risulta difficile a causa dell'opposizione dell'Italia e di Malta. Il tema dovrebbe essere trattato nella riunione tra i 27 ambasciatori dei Paesi Ue a . Tra le opzioni, oltre alle misure abituali in questi frangenti quali la sospensione dei visti di ingresso e il congelamento dei beni, è esaminata anche la possibilità di sospendere le trattative avviate nel 2008 per concludere un accordo di partnership tra la Ue e Tripoli. Tuttavia «il dibattito è in corso e non è stata presa nessuna decisione», perchè per ora Italia e Malta rifiutano lo scenario delle sanzioni e per andare avanti serve l'unanimità, precisa una fonte. «Italia e Malta hanno posizioni opposte rispetto agli altri partner Ue», indica un altro diplomatico. I due Paesi temono l'afflusso di immigrati clandestini sulle loro coste se crollasse il regime libico.



«Siamo molto preoccupati per il rischio di una guerra civile e per i rischi di un'immigrazione verso l'Unione Europea di dimensioni epocali», ha detto il ministro degli esteri Franco Frattini durante una conferenza stampa al Cairo seguita all'incontro con il segretario generale della Lega Araba Amr Mussa.



L'Italia è vicina al popolo libico che sta attraversando un momento tragico della sua storia. È quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi. Sono totalmente false, provocatorie e prive di fondamento le voci riguardo a presunti aiuti italiani, militari o sotto qualsiasi altra forma, nelle azioni contro i manifestanti e a danno della popolazione. È quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi. Il premier Silvio Berlusconi ha parlato ieri di «inaccettabile violenza». Oggi vertice tra il premier e i ministri dell'Interno, degli Esteri, della Difesa e dello Sviluppo economico sulla crisi libica e l'immigrazione.



Riunione anche del Consiglio di sicurezza dell'Onu. L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay ha chiesto oggi una «inchiesta internazionale indipendente» sulle violenze in Libia e ha chiesto lo stop immediato delle gravi violazioni dei diritti dell'uomo compiuti dalle autorità libiche.



Gli Usa: fermare il bagno di sangue. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinchè in Libia «sia fermato l'inaccettabile bagno di sangue».


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