Il primo effetto si raggiunge con le clausole del trattato che proibiscono il possesso, lo sviluppo e l'acquisizione di armi nucleari da parte degli Stati membri del Trattato. In questo senso, tutti i trattati di denuclearizzazione seguono lo stesso schema-tipo dettato dal primo di questi trattati, il Trattato di Tlatelolco, e traggono legittimità dal capostipite dei trattati per il disarmo nucleare, il Trattato di non Proliferazione (TNP).
Il secondo effetto viene ottenuto dalla presenza di protocolli aggiuntivi firmati dalle superpotenze nucleari e dagli altri Stati membri del club nucleare (Regno Unito, Francia, Cina); in questi protocolli aggiuntivi sono contenuti l'impegno degli Stati nucleari a non far transitare testate nucleari sul territorio degli Stati denuclearizzati e a garantire la loro sicurezza.
Verso la metà degli anni '80 anche in Italia si è sviluppato un movimento volto a rendere "zone denuclearizzate" i comuni italiani come forma di protesta contro il proliferare delle armi nucleari. Nonostante questa scelta non abbia nessun reale valore giuridico, varie centinaia di municipi aderirono ad essa ed è ancora possibile trovare all'ingresso di molti Comuni italiani il cartello "Zona Denuclearizzata", a testimoniare l'impegno di quegli anni per un mondo libero da armi nucleari.
Più in generale con la dicitura "Comune Denuclearizzato" viene vietata la presenza di qualsiasi sorgente radioattiva e macchina radiogena nella zona interessata.
Non potranno quindi essere installati in un Comune con tale dicitura apparecchiature radiogene generalmente utilizzate in diagnostica o terapia (come Tac, Pet, mammografie) con l'inevitabile conseguenza di non potervi costruire un ospedale o un centro di radiologia o veterinaria e aziende che effettuino controlli di qualità o attività che richiedano una comunicazione di inizio pratica con radiazioni ionizzanti. In tale zona è altresì vietato il transito di automezzi con carico di materiali radioattivi.
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