Aereo abbattuto in Ucraina, su quella rotta ad alto rischio ogni giorno decine di voli civili

Aereo abbattuto in Ucraina, su quella rotta ad alto rischio ogni giorno decine di voli civili
di Luciano Costantini
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Sabato 19 Luglio 2014, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 10:23
Saranno, forse, le due scatole nere e spiegare come andata e chi ha premuto il pulsante per far partire il missile che ha abbattuto il Boeing 777 della Malaysia portandosi dietro un carico di morte di quasi 300 passeggeri. Servirà comunque tempo o magari non sarà sufficiente un’eternità per accertare le responsabilità. Ustica insegna. Intanto il mondo (non soltanto olandesi, russi, ucraini, malesiani) continua a porsi l’angosciosa domanda: come mai il jet poteva solcare quello spicchio di cielo dell’Ucraina orientale mentre, diecimila metri più sotto, si scambiavano cannonate, granate, missili?



LE ECONOMIE

L’ipotesi, assolutamente raccapricciante, della prima ora sembra rafforzarsi: l’autostrada del cielo sulla quale viaggiava l’aereo malese era la più economica. Quella dove il pedaggio (il costo di sorvolo) era più basso. Comunque il più conveniente per arrivare d’un balzo da Amsterdam a Kuala Lumpur. Questione di chilometri: uno in più o uno in meno fa la differenza in un mercato, quello del trasporto aereo, dove la concorrenza è senza quartiere e gioca sul fattore tempo. «Ormai - rivela in confidenza un controllore di volo - la richiesta primaria che ci arriva dalle compagnie va quasi in automatico: dateci la rotta più dritta. Cioè la più rapida e la meno costosa». Quella che passa su Donetsk forse aveva fino a ieri i requisiti adatti, ma certo non era la più sicura. Si dice che potesse contare su una copertura, la cosidetta “no fly zone”, fino a settemila piedi, neppure due chilometri e mezzo di altezza, buoni per proteggere i jet in quota dai kalashnikov, dai bazooka, comunque dalle armi leggere, ma non da un sofisticato missile in grado di raggiungere e superare i dieci chilometri di gittata. In un mondo dominato dalla tecnologia anche i computer fanno la loro parte elaborando, prima degli uomini, piani di volo ottimali e personalizzati sulla base di parametri più diversi, dall’orografia del terreno ai venti. Obiettivo, assegnare la rotta più breve, più conveniente, possibilmente più sicura. Quella russo-ucraina certo era tra le più battute almeno fino alla chiusura dello spazio aereo deciso da Kiev: ieri l’altro ad appena 5 minuti dal 777 della Malaysia, viaggiava un secondo aereo della Air India che, a sua volta, ne precedeva uno della Singapore Airlines.



EUROCONTROL

La gestione del traffico aereo europeo è affidata ad Eurocontrol, provider di 39 Paesi del continente. Già lo scorso luglio aveva invitato le compagnie a evitare zone a rischio. Soltanto che i richiami di Eurocontrol non hanno valore cogente, nel senso che poi sono i singoli Stati - quasi sempre su indicazioni dei militari - a decidere se e quando interdire i loro cieli alla navigazione in base interessi e strategie che non sempre collimano con quelle dell’ente centrale europeo. In Italia un’amplia ”no fly zone”, con interessamento di alcuni aeroporti dell’Adriatico fu creata, in concomitanza del conflitto nel Kosovo. In tempi più recenti identica misura fu adottata dall’Onu durante la guerra civile in Libia. Ma in entrambe le situazioni gli interessi erano sicuramente più rilevanti e il numero dei Paesi interessati più ampio e robusto. Le Nazioni Unite evidentemente hanno più peso di quanto ne possano avere l’Eurocontrol o l’Icao, l’organizzazione internazionale dell’aviazione civile. Immaginare però che una guerra che si sta combattendo in terre per noi lontane non interessi l’Occidente potrebbe risultare un grave errore di sottovalutazione.
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