Uccide le figlie a Gela, la donna confessa: le ho soffocate, avevo paura che mio marito me le portasse via

Uccide le figlie a Gela, la donna confessa: le ho soffocate, avevo paura che mio marito me le portasse via
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Mercoledì 28 Dicembre 2016, 18:52 - Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 18:37
«Ho ucciso le mie due bambine soffocandole con le mie mani. La candeggina non c'entra niente. L'ho usata per me perché volevo morire con loro, ma non ci sono riuscita». Ha confessato così, in un pianto dirotto, il suo duplice delitto Giuseppa Savatta, la donna 41enne di Gela, interrogata oggi dal procuratore, Fernando Asaro, e dal sostituto, Monia Di Marco, nel suo letto dell'ospedale «Vittorio Emanuele» dove si trova ricoverata e piantonata dai carabinieri, in stato di arresto.

È stata la stessa Savatta, insegnante di sostegno in una scuola media, a volere chiarire la dinamica dei fatti. Tra molti vuoti, tanti «non ricordo bene» e in uno stato psichico ancora confuso, tra le lacrime avrebbe raccontato ai magistrati che amava follemente le proprie figlie, Maria Sofia di 9 anni, e Gaia di 7, perché erano il suo vero e unico amore. Voleva stare sempre con loro ma temeva di perderle.

Avrebbe precisato che la crisi nel rapporto col marito non sarebbe stata determinante nella decisione di sopprimere le due figlie. Ieri, intorno a mezzogiorno, non sa come né perché, approfittando di averle in casa per le vacanze, ancora in pigiama le avrebbe abbracciate e, a una a una, strangolate. Poi, resasi conto di quello che aveva fatto, avrebbe tentato di uccidersi vicino alle figlie bevendo e versandosi addosso una notevole quantità di candeggina, per poi cercare d'impiccarsi nel bagno con il flessibile della doccia.

L'arrivo del marito, Vincenzo Trainito, 48 anni, ingegnere e insegnante, le avrebbe impedito di portare a compimento il gesto. All'interrogatorio ha assistito anche il legale della donna, Pietro Pistone. Domani Giuseppa Savatta dovrà rispondere alle domande del gip, Lirio Conti, nell'interrogatorio di convalida dell'arresto per duplice omicidio aggravato dalla discendenza.

«Fatemi morire», erano state le prime parole che Savatta ha detto ai medici in ospedale dove è stata ricoverata dopo aver cercato di suicidarsi. «L'ho fatto per il bene delle mie figlie, per non farle soffrire», ha spiegato allo psichiatra. «Ho ucciso le mie figlie per salvarle, avevo paura che mio marito me le portasse via. Ho dovuto farlo». Era certa che il marito l'avrebbe lasciata, a conclusione di un rapporto di coppia assai difficile. Ma l'uomo pur ammettendo l'esistenza di dissidi familiari, avrebbe detto che una rottura netta con la moglie non era nelle sue intenzioni, anche se più volte minacciata nei momenti d'ira. I vicini li avrebbero sentiti litigare spesso. Lei, laureata in lettere, aveva ricevuto un incarico annuale come insegnante di sostegno all'istituto comprensivo Ettore Romagnoli. Lui, ingegnere edile con studio in piazza Umberto, insegna all'istituto tecnico per geometri «Ettore Maiorana».

Sembra che la donna all'inizio dell'interrogatorio abbia detto di non ricordare nulla, poi successivamente ha raccontato i momenti del duplice assassinio. La donna avrebbe ammazzato le due bimbe poco dopo le 8.30, costringendole a bere candeggina e tentando si soffocarle. Ecco perché Maria Sofia e Gaia erano ancora in pigiama. Poi è stata la stessa donna a chiamare il marito che è arrivato in casa intorno alle 12.30. È stato l'uomo a lanciare l'allarme.

Intanto, nel tardo pomeriggio è iniziata l'autopsia sui corpicini delle due bambine. Il medico deve stabilire se le bambine sono morte per avvelenamento, dal momento che sono state costrette dalla madre a bere candeggina, o per soffocamento, visto che sulla gola delle piccole sono stati riscontrati segni di strangolamento.






 
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