Omicidio procuratore di Torino Caccia, scarcerato e riarrestato Schirripa: errore di procedura. Riaperte le indagini

Rocco Schirripa a destra (foto Alessandro Di Marco - Ansa)
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Martedì 29 Novembre 2016, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 14:28
Rocco Schirripa, il panettiere 63enne accusato dell'omicidio del giudice torinese Bruno Caccia e nei cui confronti è stato firmata un'ordinanza di scarcerazione da parte della Corte d'Assise di Milano, non esce dal carcere di Opera per di un provvedimento di fermo della Procura di Milano. È quanto ha reso noto la difesa. Schirripa è rimasto quindi detenuto nel carcere di Opera. 

​La procura di Milano ha già chiesto infatti e ottenuto, nel giro di pochissimo tempo e dopo un errore procedurale, la riapertura delle indagini sull'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia del 1983. È stato iscritto nel registro degli indagati nuovamente Rocco Schirripa e poi in mattinata è arrivato il fermo a suo carico. Domani la corte d'assise di Milano, che in mattinata aveva ordinato la scarcerazione, dovrà decidere sul processo a suo carico.

A chiedere la scarcerazione dell'uomo, arrestato il 21 dicembre del 2015 con l'accusa di essere l'esecutore materiale dell'omicidio di Caccia (il mandante Domenico Belfiore è già stato condannato all'ergastolo in via definitiva), era stato sabato scorso lo stesso pm della Dda milanese Marcello Tatangelo che, dopo la presentazione di una memoria in Dda da parte del legale dei familiari di Caccia, l'avvocato Fabio Repici, si è reso conto di un errore procedurale commesso. La Procura, infatti, non si era accorta che esisteva già un precedente fascicolo nel quale Schirripa era stato indagato per l'omicidio del magistrato con archiviazione poi disposta nel 2001. E sulla base di quella precedente inchiesta archiviata, gli inquirenti avrebbero dovuto chiedere al gip la riapertura delle indagini, cosa che non hanno fatto.

Come ha scritto lo stesso pm Tatangelo nella richiesta di scarcerazione, infatti, sono «affetti da inutilizzabilità», stando alla «giurisprudenza», «tutti gli atti del procedimento successivi al momento in cui si sarebbe dovuto procedere alla richiesta di riapertura del procedimento», e «dunque nel nostro caso tutti gli atti successivi al 25 novembre del 2015», giorno in cui venne iscritto nel registro degli indagati.

E la Corte d'Assise, davanti alla quale è in corso il processo a carico di Schirripa e presieduta da Ilio Mannucci, accogliendo l'istanza del pm, ha dichiarato oggi la «nullità dell'ordinanza» di custodia a carico dell'uomo, che faceva il panettiere prima di finire in carcere, per «effetto della revoca della misura» cautelare. Subito dopo, però, è arrivato il fermo (che dovrà essere convalidato) firmato nuovamente dal pm Tatangelo, provvedimento a cui stavano lavorando già da ieri gli inquirenti della Dda, guidata da Ilda Boccassini, che ha puntato a salvare quegli atti dell'inchiesta effettuati prima dell'iscrizione di Schirripa nel registro degli indagati.

Domani all'udienza del processo, che era già fissata, la Corte, però, dovrà decidere a questo punto sul destino del processo, che era giunto quasi a metà del dibattimento e che per la «inutilizzabilità» degli atti potrebbe essere azzerato.

«Siamo pronti a discutere per rendere chiaro che le prove illegittime non sono prove e non valgono nulla», ha detto l'avvocato Mauro Anetrini che ha ipotizzato che il fermo sia stato disposto per via del pericolo di fuga di Schirripa e per i gravi indizi. «Quali sono i gravi indizi? - ha aggiunto -. Ci vediamo domani in udienza», dove appunto la difesa punterà a ottenere l'inutilizzabilità delle prove a carico del panettiere di 64 anni in quanto «illegittime».


 
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