Fanciulla rossa, smart, vestita Fendi, ben amministrata la cui faccia ieri spopolava sul web offuscando la nuova Miss, le interviste a lacrime calde, chi è chi non è, il marito, la tenera dedica al padre, i sogni, la famiglia. No, il web ieri, molto acceso, nervoso, scontento, voleva Miriam. È il web a volere le cose. A decidere chi, e quando, e quale taglio di capelli e il tempo di durata di una faccia. E la carriera di quella faccia. È il web l’unico palcoscenico per i sogni e per i soldi, e non quello spettacolo seppur dignitoso, fatica ed orgoglio della signora Mirigliani, spettacolo orfano di Frizzi, ma stirato, ingenuo, raccogliticcio che vuole ancora onorare la bellezza italiana.
A noi, per l’ennesima edizione, ci è stato offerto lo spettacolo di un 79enne vittima di accanimento terapeutico. Partì nel 1939, ma nel 1959, dopo Dino Villani, fu Enzo Mirigliani, calabrese piccolo dagli occhi azzurri e affamati, ad incrementare quel meraviglioso set che evocava il boom, la provincia, sartine, maestre, che inseguivano per le loro bambine curvy e slanciate un futuro di Bellissime. Il cinema, la pubblicità, la moda. O un ottimo partito. Si animavano con pudore i paesi d’Italia intorno a capelli biondi del Veneto o neri occhi fondi di Calabria chiedendosi se iscrivere o no la propria figlia al concorso. Era la costruzione di un sogno e, soprattutto, un’esperienza di viaggio e comunità. E lo è stato per tanto tempo, moltiplicato dalla TV, emittenti private, canale5 e poi la Rai che, sino al 2013, ci ha creduto.
Ma dieci anni fa con l’ultima diva, Miriam Leone, Miss Italia avrebbe dovuto fermarsi e non fermare il tempo. Da dieci anni un nome, un solo nome, di una miss, non riesce ad attraversare la memoria estetica e non solo degli italiani. Navighiamo su altri mari, la sorpresa ce la cerchiamo noi, senza farci travolgere. Siamo diventati tutti, in qualche modo, scout di facce, sorrisi, gambe, e simpatia. Duecento ragazze per noi non posson bastare. E quello che rimanda lo spettacolo di Miss Italia è un giardino troppo piccolo che per renderlo contemporaneo, si coltivano piante rare e si apre all’esotico. Madri, mogli, fanciulle di colore. Un giardino bello, dove anche Chiara Bordi, incantevole, ha voluto liberarsi della corazza del suo handicap e sfidare Apollo, in misura, armonia e proporzione. A lei un inutile stucchevole terzo posto in nome del politicamente corretto. L’ulteriore conferma che la nave non va...
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