Caso Cucchi, Pignatone: «Con fatti nuovi si può riaprire l'indagine. Non si può morire in mano allo Stato»

Caso Cucchi, Pignatone: «Con fatti nuovi si può riaprire l'indagine. Non si può morire in mano allo Stato»
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Domenica 2 Novembre 2014, 19:01 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 07:47

Oggi parla la Procura di Roma sul caso Cucchi.

Quella Procura che Ilaria, sorella di Stefano, fino all'ultimo, fino a ieri, ha messo sotto accusa per indagini da lei giudicate poco incisive, lacunose, mancanti.

Soprattutto su quel pestaggio che ancora non porta una firma ma che, e questo lo hanno riconosciuto giudici e periti, è stata la causa principale della morte del geometra romano arrestato la notte del 15 ottobre 2009 dai carabinieri perchè trovato in possesso di droga e morto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini. Il procuratore capo Pignatone dice poche parole ma pesantissime. E si dichiara disponibile, in presenza di elementi nuovi e di opportunità, a aprire nuove indagini sulla morte di una persona, lo sottolinea lo stesso capo dell'ufficio di Roma, «che era affidata a organi dello stato». Ilaria Cucchi incassa la disponibilità della Procura con soddisfazione. «Prendiamo atto -dice- di questa importante decisione del Procuratore capo e rimaniamo in attesa di giustizia e verità come abbiamo sempre fatto in questi cinque anni». «È giusto e corretto - afferma il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri - chiedere la riapertura della indagini.

La verità va ricercata sempre e fino alla fine». «Non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia, non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato», dice Pignatone.

Perchè Stefano Cucchi fu arrestato dai carabinieri e rimase nella loro custodia in caserma per una notte, poi il giorno dopo all'udienza di convalida in Tribunale comparì davanti ad un giudice, fu preso poi in consegna dagli agenti della polizia penitenziaria, portato in carcere a Regina Coeli e poi nella struttura protetta del Sandro Pertini affidato, qui, a medici e infermieri. Strutture e organi dello Stato, come sottolinea Pignatone, che dovevano sorvegliare e curare un detenuto in condizioni di salute particolari.

Pignatone, pur sottolineando che le «sentenze meritano tutte rispetto», evidenzia come i verdetti di primo e secondo grado siano contrastanti «e in tutto o in parte condivisibili». Verdetti contrastanti perchè in primo grado furono condannati i sei medici ma furono assolti infermieri e agenti penitenziari. La Corte d'Appello venerdì ha ribaltato tutto per assenza di prove. Ed è l'assenza di prove l'accusa che Pignatone respinge. La Procura non ci sta alla teoria delle indagini lacunose ma non chiude neanche ad una possibilità di proseguire il lavoro nell' accertamento dei fatti. «Se emergeranno fatti nuovi o comunque l'opportunità di nuovi accertamenti, la Procura di Roma è sempre disponibile a riaprire le indagini», afferma il procuratore.

Parole che raccolgono l'appello di Ilaria ad un incontro. «Per quanto mi riguarda - aggiunge Pignatone - incontrerò volentieri i familiari di Stefano Cucchi e il loro difensore. Se dalle loro prospettazioni e dalla lettura della sentenza di appello emergeranno fatti nuovi o l'opportunità saremo disponibili a cercare nuove prove nel rispetto, ovviamente, delle regole dettate dalla legge».

Dunque per aprire un nuovo fascicolo ci si dovrebbe trovare in presenza di «fatti nuovi». Ma Pignatone parla anche di «opportunità di accertamenti», opportunità che potrebbero emergere ovvero dalla lettura delle motivazioni della sentenza: la Procura le potrebbe ritenere insoddisfacenti per giustificare l'assoluzione. Perchè se una morte c'è stata, ed è stata una morte inaccettabile la Procura potrebbe non ritenere giustificabile un'assoluzione di ben 12 imputati, esponenti a vario titolo di organi e strutture dello Stato che presero in custodia e in cura Stefano Cucchi. Morto non per cause naturali.

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