Cucchi, il pm: «Alfano ingannato da atti falsi». Tomasone: «Fu un arresto come tanti altri»

Cucchi, il pm: «Alfano ingannato da atti falsi». Tomasone: «Fu un arresto come tanti altri»
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Giovedì 28 Febbraio 2019, 10:33 - Ultimo aggiornamento: 10:45

Il depistaggio sulla morte di Stefano Cucchi ha una data di inizio: il 26 ottobre del 2009. Da quel momento, secondo quanto accertato dalla Procura di Roma, la catena di comando dei carabinieri mette in atto una serie di iniziative per «allontanare» la verità. Un percorso fatto di falsi che è approdato in Parlamento, quando l'allora ministro della Giustizia, Angelino Alfano, basò, in maniera del tutto inconsapevole, il suo intervento al question time sulla vicenda del geometra, utilizzando una nota redatta dai carabinieri della stazione Appia.

«In Aula il ministro riferì il falso su atti falsi», ha affermato il pm Giovanni Musarò in apertura dell'udienza del processo che vede imputati cinque militari dell'arma. Una udienza monopolizzata dall'audizione del generale Vittorio Tomasone, all'epoca capo del comando provinciale. «È stato un arresto normale quello di Cucchi, come tanti altri», ha affermato l'alto ufficiale sentito come teste. «Ho chiesto a tutti coloro che avevano avuto a che fare con questa vicenda di riferire, dal momento dell'arresto e fino alla consegna di Cucchi alla polizia penitenziaria», così gha spiegato la riunione 30 ottobre di 10 anni fa e ha aggiunto: «Volevo cogliere dal loro viso la reazione a quanto avevano scritto».

Parole arrivate pochi minuti dopo quelle del pm che, nel depositare nuovi atti, ha ricostruito la genesi del «depistaggio». Per il pm comincia tutto il 26 ottobre del 2009, quando Patrizio Gonnella e Luigi Manconi denunciano attraverso l'Ansa che Stefano Cucchi al momento dell'arresto stava bene e che non aveva segni sul volto, visti poi dal padre il giorno dopo nel processo per direttissima. È, allora, che dal Comando partono richieste urgentissime di chiarimenti, dice l'accusa mostrando i documenti. Per il magistrato «in questa vicenda si è giocata una partita truccata, con carte segnate. Una partita giocata sulle spalle di una famiglia: qui c'è in gioco la credibilità di un intero sistema».

Un vero e proprio atto di accusa contenuto anche nelle ulteriori centinaia di pagine depositate. In atti interni dell'Arma - che risalgono al periodo compreso tra l'ottobre e l'inizio novembre del 2009- c ompaiono già le conclusioni a cui sarebbero giunti i medici legali nominati dalla Procura sei mesi dopo e che indicavano «come responsabili del decesso - ha aggiunto Musarò - solo i medici». Per il rappresentante dell'accusa «già in quegli atti si affermava che non c'era un nesso di causalità tra le botte e la morte di Cucchi, che una delle fratture era risalente nel tempo e che i responsabili del decesso erano solo i medici. Tutto ciò - aggiunge il pm - era stato scritto non solo quando i consulenti erano ben lontani dal concludere il loro lavoro ma quando la procura doveva ancora nominarli. Ciò lascia sconcertati». E su questo, «inquietante» punto, il generale Tomasone ha detto di «non ricordare come avesse assunto quell'informazione».

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