Regionali Abruzzo, il flop di M5S sotto al 10% fa fallire il campo largo. Resta il nodo dei centristi

Dopo la Sardegna, ritornano i dubbi sulle alleanze: «Stavolta non ha funzionato»

Regionali Abruzzo, il flop di M5S sotto al 10% fa fallire il campo largo. Resta il nodo dei centristi
di Mario Ajello
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Lunedì 11 Marzo 2024, 02:31 - Ultimo aggiornamento: 14:26

«Sale», «Sta salendo», «Salirà». Che cosa? L’affluenza. Gli occhi dei dem e degli stellati, le comunicazioni dei dirigenti abruzzesi del «campo larghissimo» con Schlein e Conte e con i loro quartier generali romani al Nazareno e in via di Campo Marzio lungo tutta la giornata hanno evocato e sperato il pienone nelle urne regionali. Che, alla fine, non c’è stato. E quello è stato il primo cattivo presagio. Poi i primi exit poll, le prime proiezioni, il divario tra Marsilio e D’Amico che aumentava a favore del primo e l’idea della spallata che cominciava a svanire. Il dato di metà mattinata con l’affluenza in crescita (più 2,5 per cento rispetto a 5 anni fa) viene festeggiato.

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Ma poi il report delle 19 (la crescita dei votanti è solo di un punto scarso e sembra aver funzionato la mobilitazione degli elettori del centrodestra con tanto di pullman organizzati dal forzista Fulvio Martusciello che da Napoli ha portato i campani residenti a Roccaraso e dintorni a votare) comincia a smorzare gli entusiasmi. E quando appaiono i primi exit poll il mito della botta anti-Meloni inizia a ridimensionarsi. 
L’emozione da vittoria annunciata si confronta a un certo punto della notte con la realtà che, come si sa, è sempre un po’ prosaica.

L’affluenza si rivela più bassa che nel 2019 (appena il 52 per cento) e nel giro della Schlein si capisce subito come andrà: sconfitta, nessun bis del risultato in Sardegna e delusione e rammarico. Sarà per la prossima volta, ma quando una vittoria? Stavolta, no. E fa impressione a tutti, anche a quelli che a sinistra dicevano «M5S è sopravvalutato», il tonfo del partito di Conte.

Cinque anni fa, con Di Maio e fuori dalla coalizione con il Pd, M5S ebbe in Abruzzo il 19,7 per cento e ora, nelle proiezioni, è inchiodato intorno al 5 per cento. Una cifra che a Conte suggerirà, e non sarebbe stato così in caso di vittoria del «campo larghissimo», di essere poco benevolo nel rapporto con i dem, lo spingerà a smorzare le sue aperture di queste ultime settimane quando pareva che in Abruzzo uniti si poteva vincere. Macché. Ora diventa tutto di nuovo più difficile per il fronte anti-Meloni. Pd (che veleggia verso il 20 per cento secondo i primi dati) e M5S credevano che l’Abruzzo poteva essere il primo passo per ribaltare tra tre anni (che in politica sono comunque un secolo) le proporzioni del voto del 25 settembre 2022 in cui il centrodestra vinse ma di poco. La prospettiva, rispetto alle speranze della vigilia ora non cambia ma «il bagno di realtà» di questa notte - così lo chiamano molti nel Pd, specie i meno vicini alla segretaria - raffredda gli ardori della grande rimonta su chiave nazionale.

 
ROAD MAP
La slavina anti-destra dalle montagne abruzzesi insomma non sembra essersi affatto avviata. Il modello abruzzese, quello del «campo larghissimo», resta uno schema sul tavolo anche perché non ne esiste uno alternativo. E tuttavia, il flop di Conte («Noi abbiamo fatto il nostro», queste le prime reazioni al Nazareno, «mentre loro no») è destinato a pensare negativamente sulla prospettiva dell’alleanza. Mentre sul versante del centro, Calenda e i Radicali - Renzi si è già abbondantemente chiamato fuori dalla coalizione - risulteranno molto meno disponibili, e già lo sono poco, a unirsi alle truppe rossogialle, ammesso che questo esercito oggi sconfitto deciderà di marciare di nuovo unito. Va intanto detto che quel che è venuto meno al centrosinistra, in questo voto abruzzese a trazione Schlein, è proprio il centro: che è stato ben presidiato da Forza Italia. 
Sarà adesso più complicato sbloccare alcune situazioni nel rapporto tra Pd e M5S, da quella della Basilicata dove si vota ad aprile a quella delle regionali in Piemonte: due casi (in più ci sono le Comunali a Firenze e in altre città) in cui la spinta abruzzese doveva funzionare da doping per superare le difficoltà nella scelta di un candidato governatore condiviso. 


Si sperava nei gruppi dirigenti dem e M5S nella seguente road map: successo in queste regionali, gara non sanguinosa alle Europee, scelta unitaria di un «federatore» (e la figura ricercata è preferibilmente una donna proveniente dalla società civile) e poi vittoria del «campo larghissimo» contro la «destra-centro» alle Politiche 2027. Ma gli elettori abruzzesi hanno fatto lo sgambetto. 

 

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