Pd, non solo il caso-Liguria e i riformisti: Schlein deve stare attenta anche ai malumori dei dem più vicini

«Se qualcuno non è d'accordo con il salario minimo, forse l'indirizzo era sbagliato prima», attacca Elly Schlein. Parole arrivate dopo l'invito a «darsi una mossa» di Bersani (e non solo). Nel partito, però, cresce il fronte degli scontenti

Non solo il caso-Liguria e i riformisti, Schlein deve stare attenta anche ai malumori dei dem più vicini
di Riccardo Palmi
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Sabato 9 Settembre 2023, 12:25 - Ultimo aggiornamento: 14:17

«È sempre un dispiacere quando qualcuno decide di andare via, dopodiché se noi ci rendiamo conto che qualcuno che possa non sentirsi a casa in un Pd che si batte per il salario minimo, per la scuola, per l'ambiente, per i diritti, per il lavoro di qualità, allora forse l'indirizzo era sbagliato prima». Elly Schlein, ospite della festa del Fatto quotidiano, rilancia sui temi della sua agenda e attacca coloro che (come i 31 dem liguri passati ad Azione) si sono chiamati fuori dal nuovo corso. Nel partito, però, intanto non mancano le discussioni. La minoranza riformista aveva messo in conto di aspettare le europee (e un eventuale risultato sotto il 20%) per tornare alla carica ma il flop dell'estate militante (nonostante l'intesa con le altre opposizioni sul salario minimo) ha fatto alzare il sopracciglio anche a esponenti dem a lei vicini. 

Gli ex segretari

«Bisogna darsi una mossa». Pierluigi Bersani non è certo un critico di Schlein, tanto da essere rientrato alla base (dopo la parentesi Articolo 1) proprio a seguito della sua elezione a segretaria dem. Eppure, intervistato da FanPage, le chiede maggiore incisività. «Aumenta il livello della discussione politica» anche su temi "scomodi" (come la maternità surrogata) e continua sul terreno delle alleanze, costruendo un asse che va da Calenda al M5s, sono i due consigli alla sua erede alla guida del Pd. Qualche giorno fa, invece, un altro ex segretario, come Nicola Zingaretti (lo stesso che l'aveva sostenuta alle primarie), secondo il Foglio si sarebbe lasciato sfuggire nel dietro le quinte di un comizio: «Con lei (riferito a Elly) alle Europee non arriviamo neanche al 17%». Nel frattempo c'è rivendica più spazio, come  il sindaco di Milano, Beppe Sala, alla festa dell'Unità. «Elly lo sai che mi posso permettere di fare un po' da padre e da zio. Milano ha questa forza che non molla e c'è, è responsabile, a volte però la politica milanese, anzi direi quasi mai, è stata premiata dal tuo partito». 

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Il caso Liguria

Poi c'è il Pd ligure, che ha visto 31 esponenti passare di colpo ad Azione di Carlo Calenda: tra di loro il consigliere regionale Pippo Rossetti e la consigliera comunale Cristina Lodi (la più votata alle ultime amministrative a Genova). Altro materiale per le accuse dell'area più riformista, che non ha mancato di farsi sentire: da Lorenzo Guerini («non bisogna ignorare il disagio») alla eurodeputata Pina Picerno («occorre riflettere con attenzione sul disagio che sta investendo un numero notevole di amministratori locali»). In questo scenario, entra ora nel vivo la questione Europee: Schlein vorrebbe mettere cinque capilista donne per dare un segnale, ma potrebbe cedere in favore di nomi più "sicuri" per gli elettori. Tra questi, magari anche quegli amministratori locali al secondo mandato (come Giorgio Gori, Antonio Decaro, Dario Nardella, lo stesso Bonaccini) che però in qualche caso sembrano piuttosto puntare alla deroga per un terzo mandato. «Non è previsto dalla legge e non abbiamo, ad ora, notizie che la
maggioranza voglia andare in quella direzione, c'è una discussione interna al Pd e affronteremo quella discussione», ha detto a tal proposito Schlein.

Di certo però c'è che, sia verso un rafforzamento del campo-largo o un patto di non belligeranza con i riformisti, un cambio di passo sembra atteso.

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