Tria resta in bilico, la Ragioneria ancora sotto attacco

Tria resta in bilico: la Ragioneria ancora sotto attacco
di Andrea Bassi
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Mercoledì 3 Ottobre 2018, 11:26 - Ultimo aggiornamento: 17:02
Giovanni Tria traballa, ma non molla. Per ora. Le foto nel vertice di Palazzo Chigi mostrano il ministro sorridente accanto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Tutti «determinati», come ha detto il premier, verso gli obiettivi della manovra. Che però nemmeno ieri ha visto la luce. Anche le foto arrivate dal vertice di Lussemburgo mostrano il ministro tutto sommato rilassato. Ma la verità è che Tria appare sempre più isolato e indebolito. I colleghi dell'Eurogruppo gli hanno mostrato «personale simpatia», quando non è stato in grado di fornire i numeri esatti della manovra di bilancio e lui si è dovuto precipitare a Roma per provare a chiudere delle tabelle formalmente approvate dal consiglio dei ministri ormai da cinque giorni. Anche i mercati sembrano essere diventati sordi alle sue rassicurazioni.

Fino a qualche settimana fa, raccontavano i trader, quando il ministro parlava si compravano i Btp, quando parlavano Salvini o Di Maio, si vendeva. Questa volta, invece, l'intervista rilasciata al Sole24Ore domenica, per provare a frenare lo spread, non ha sortito gli effetti sperati. A via XX settembre si respira un'aria di tensione. E di assedio. Ma ci si domanda anche se il generale sia in grado di difendere le truppe. Ieri i grillini sono tornati all'attacco del Ragioniere generale Daniele Franco, sospettato di frapporre nuovi ostacoli alla stesura della Nota di aggiornamento riformata dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega. «Il ragioniere generale», ha detto Di Maio, «deve preparare la Nota di aggiornamento al Def su impulso dei politici. Per questo noi in queste ore stiamo rileggendo tutto quello che è stato scritto». I grillini, nonostante ufficialmente dicano che «Tria deve restare al suo posto», chiusi i taccuini sparano a palle incatenate.

I DUBBI
Il ministro, è il ragionamento, ormai non è in grado di difendere la manovra a Bruxelles. Servirebbe qualcuno maggiormente convinto delle ragioni del contratto di governo. Il primo nome è quello di Paolo Savona, già ministro mancato dell'Economia per l'opposizione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Savona, in realtà, ha già occupato gli spazi lasciati vuoti da Tria. Ieri a Strasburgo il ministro delle Politiche Comunitarie ha avuto un faccia a faccia con il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani. Un colloquio al quale si è presentato, non solo con le cifre del Def, ma soprattutto con il documento da lui messo a punto per la riforma dell'Eurozona. Un documento che prevede, tra le altre cose, la proposta che l'Europa si faccia carico della parte eccedente il 60% del debito pubblico italiano, lasciando poi Roma libera di fare ogni anno un deficit di bilancio pari al Pil nominale, ossia oltre la fatidica soglia del 3%. A Tajani, che gli ha subito chiesto modifiche alla manovra, Savona ha risposto che ora è «troppo presto». Oggi poi Savona incontrerà gli europarlamentari italiani. Insomma, il professore cagliaritano si sarebbe già costruito un profilo da «ministro ombra». Qualcuno, nella maggioranza gialloverde, vorrebbe di più. Che si possa in qualche modo superare il veto del Colle per portare Savona a via XX settembre. Difficile possa accadere. E i più avveduti non fanno mistero di ritenere questa ipotesi del tutto improbabile. Meglio, è il ragionamento, tenersi un Tria indebolito, spostando verso Palazzo Chigi, sotto la regia di Savona, alcune leve fondamentali. Come la task force sugli investimenti, già ufficialmente dirottata. Ma se Tria non dovesse reggere? Già girano i nomi dei possibili sostituti, come quello di un altro economista di Tor Vergata, Gustavo Piga.

I PRETENDENTI
La leggenda di Palazzo racconta che, quando Mattarella disse di no a Savona, il professore oltre al nome di Tria fece anche quello di Piga. Che però, allora, avrebbe posto alcune condizioni proprio sul deficit. Ieri il professore ha affidato il suo pensiero ad un tweet: «Dopo anni di battaglie, il Fiscal Compact è sul punto di crollare. Lo strumento più sado-masochista mai inventato (e da nessuno copiato), fautore di crollo di crescita di PIL e crescita di debito, è a un passo dalla sua fine. Sulle sue rovine ricostruiamo l'Ue», ha scritto. L'altro nome che circola è quello di Rainer Masera, banchiere ed economista, già ministro del governo Dini.

 
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