dal nostro inviato
WASHINGTON «Oggi più che mai dobbiamo essere in grado di contare gli uni sugli altri». Non solo Nato e Ucraina, la visita di Giorgia Meloni a Washington è incardinata anche nella necessità di avvicinare ulteriormente due economie le cui relazioni sfiorano ormai i 100 miliardi di dollari annuali. Tant’è che alla Casa Bianca Joe Biden, pur strategicamente evitando di nominare la Via della Seta, da un lato incassa nuove rassicurazioni sull’uscita dall’intesa siglata da Roma con Pechino, e dall’altra ne offre circa la «resilienza» che gli Stati Uniti possono mettere sul piatto nel caso le mosse diplomatiche della premier finiscano con il non convincere Xi Jinping. Meloni, in conferenza stampa, ammette: «Abbiamo parlato della via della Seta, gli Usa si fidano di noi, c’è un rispetto tale che nessuno ci dice cosa dobbiamo fare».
La scadenza è dicembre «e quella teniamo in considerazione».
Del resto che la visita di Meloni avesse un risvolto economico (oltre che geopolitico) lo dimostrano anche gli altri appuntamenti che la premier ha messo in agenda dopo l’incontro con lo speaker della Camera dei rappresentanti Kevin McCarthy (che di lei dice: è «uno dei leader che più hanno impressionato» gli Stati Uniti). Se la cena con la comunità italo-americana di ieri sera nell’iconico (e discusso) “Cafe Milano” del quartiere “in” di Georgetown ha già rappresentato un’ampia finestra sugli interessi economici che legano i due Paesi, oggi a Villa Firenze - residenza washingtoniana dell’ambasciatrice Mariangela Zappia - Meloni incontrerà alcune delle aziende a stelle e strisce più influenti. ATra i presenti accreditati (solo per citarne alcuni) ci saranno le prime linee di comando di Spotify, Amazon e Microsoft.
Del resto il progetto di cooperazione economica è considerato dirimente anche per sostenere del tutto il lento disarticolamento della via della Seta che sia Meloni che Biden, al netto delle dichiarazioni diplomatiche, reputano fondamentale per poter archiviare la dubbia stagione avviata dal governo Conte I con la firma del memorandum. Niente strappi però. La strategia del “derisking” parla chiaro: ridurre con gradualità l’influenza cinese nelle economie occidentali senza creare tensioni.
LA STRATEGIA
E se dai giornali cinesi continuano le invocazioni a «fare da soli» nei confronti dell’Italia, l’intesa sulla necessità di abbandonare quella strada è definita da mesi. Da trovare resta una formulazione che possa non irritare Xi Jinping, rompendo il delicato equilibrio instaurato tra Roma e Pechino. La premier però, resta consapevole che affrontare la tempesta che si scatenerebbe sull’Italia in caso di rottura con la Cina, sarebbe difficile senza il sostegno americano (quello europeo è già stato incamerato). In questo contesto vanno quindi inserite le rassicurazioni offerte da Biden circa l’aiuto a stelle e strisce nel settore dei microprocessori. Mentre in Italia il ministro Adolfo Urso è al lavoro sul piano italiano per i semiconduttori e promette la riapertura delle miniere, le imprese statunitensi sono le principali indiziate (assieme agli alleati taiwanesi e giapponesi) per nuovi investimenti in Italia. Che il viaggio di Meloni possa aver sbloccato la partita è presto per dirlo. Certo è che, in vista della fine dell’anno, a Washington si è piantato un bel seme.
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